20141109

SOFFRO, DUNQUE DEVE

Il mio amore per l'arte è palese, ma io non so quanto sia grande, e neppure lo misuro; io ne soffro, dunque dev'essere grande.
(Robert Walser | Storie)

TEMERARIE, OMICIDE

Nubi sporche, mostruose, scivolano sulle teste dei monti come grandi, temerarie mani omicide intorno alle fronti.
(Robert Walser | Storie)

NIENTE DA FARE

Fa una passeggiata. Perché, si chiede sorridendo, proprio lui non deve avere niente da fare, niente da colpire e da sovvertire? Sente come la linfa e le forze in lui gemono sommesse. La sua anima intera spasima per uno sforzo fisico.
(Robert Walser | Storie)

ULTIMA, INTANGIBILE

I volti delle montagne innevate sono tanto pallidi, in ogni cosa regna una bellezza ultima, intangibile. I cigni che nuotano avanti e indietro tra le canne sembrano stregati di bellezza e di luce vespertina. L'aria è malata.
(Robert Walser | Storie)

UN'IDEA CARINA

Naturalmente scrive versi. Di tanto in tanto si reca in carrozza a Berna da amici letterati e vi legge quel che gli è capitato di scrivere. Lo colmano di lodi, certo, ma nel complesso trovano che l'uomo è un po' inquietante. Scrive «La borocca rotta». Ma a che vale tutto questo? È arrivata la primavera. I prati intorno a Thun sono pieni zeppi di fiori, tutto profuma, ronza, s'affaccenda, risuona e poltrisce, al sole c'è da impazzire dal caldo. [...] Maledice il suo mestiere. Voleva fare il contadino quando è venuto in Svizzera. Un'idea carina, quella. A Potsdam è facile averne del genere. Per i poeti, in generale, è facile escogitare una cosa. Spesso sta seduto alla finestra.
(Robert Walser | Storie)

IL PIÙ MINUSCOLO DEI REQUISITI

Tutto in lei è nascosto, mascherato, sommerso, arido, legnoso. In cuor suo potrebbe essere il più ardente degli uomini, travagliato, che so, da fervide passioni, ma in lei niente affiora alla superficie, niente trova espressione. Lei parla con buona proprietà di linguaggio, così da far sentire quanto sono giusti i suoi giudizi, quanto oneste le sue considerazioni sulle cose, ma questo, ragazzo mio, è il più minuscolo dei requisiti che si pretendono da un artista esordiente.
(Robert Walser | Storie)

20141107

I PARTICOLARI

Era una strana epoca, quella. È meglio tacere i particolari dell'ordine sociale del mondo di allora poiché ci si dovrebbe troppo arrabbiare.
(Robert Walser | Storie)

SE NON ALTRO

Possedevo se non altro una carta geografica, era appesa alla parete del mio studio, e lì, finché ne avevo voglia, io potevo correre per il vasto mondo con la punta del naso o del dito. La grande, sterminata Russia mi incantava già come massa. Nel cuore di questa massa possente, proprio come il punto centrale in un centro, saldo, bello, integro, era la città di Mosca che la neve inargentava.
(Robert Walser | Storie)

CHE COSA È AVVENUTO

Come sembra adesso abbandonato e negletto il vecchio edificio! Grazie a dio nessuno ci fa caso, perché se l'architetto venisse a restaurarlo con l'ausilio di un paio di occhiali da erudito... mi si conceda, quest'idea, di mandarla giù senza pensarci oltre. Che cosa è avvenuto di noi popolo se ci è dato di possedere il bello ormai solo nei sogni.
(Robert Walser | Storie)

DOMENICA/2

È curioso come in una simile mattina di domenica ci si guarda negli occhi quasi si avesse qualcosa da dirsi, e invece, ci si dice, non si ha proprio niente da dire.
(Robert Walser | Storie)

DOMENICA/1

Per di più, in un parco è come se fosse sempre domenica, perché è sempre un po' malinconico e quel che è malinconico suscita un acuto ricordo di casa: in fondo le domeniche le abbiamo avute soltanto a casa, dove siamo stati bambini. C'è, nelle domeniche, un gusto di genitori e bambini.
(Robert Walser | Storie)

SPIRITO E LINGUA

L'indossare calzoni presentava il vantaggio che le donne ponevano spirito e lingua nel proprio passo, il quale, nascosto sotto la gonna, si sente meno osservato e giudicato.
(Robert Walser | Storie)

NULLA PIÙ

Il momento (fortuna che fosse solo un momento) fu terrificante. A un tratto l'aria si fece dura come un sasso o anche di più. [...] e lo stesso spazio finì per liquefarsi in una massa giallognola, fredda, indefinibile, che non aveva principio né fine, né misura, né qualcosa, bensì era il nulla più. Del nulla neppure noi siamo più in grado di scrivere nulla.
(Robert Walser | Storie)

DI POCA IMPORTANZA

Emmanuel si era scovato un angolo nel bosco al riparo da tutto il mondo, e dov'egli era solito poetare con molto piacere. A tale intento scriveva versettini garbati e di poca importanza in un taccuino che aveva ereditato da suo nonno, e sembrava assai soddisfatto di questa sua occupazione. E in verità, perché non doveva esserlo? Il posto nel bosco era così quieto e gradevole, il cielo al di sopra così sereno e azzurro, le nuvole così divertenti, gli alberi di fronte, al margine del bosco, così svariati e di colore così squisito, il prato così morbido, il ruscello che irrigava quel prato solitario così rinfrescante, che il signor Emmanuel sarebbe dovuto essere un pazzo se si fosse sentito altrimenti che felice.
(Robert Walser | Storie)

20141106

URLA E GFRIDA

Sono io quell'uomo, ne sono il risultato, ne sono il compendio, sono il bipede implume che venne su dal fango, creando l'amore e la legge dall'anarchia di quella feconda esistenza che nella giungla lanciava le sue grida e le sue urla. Sono io tutto ciò che quell'uomo era e quanto divenne in seguito.
(Jack London | Il Vagabondo Delle Stelle)

ALLA FINE DI TUTTO

Ahimé, pensavamo che i cieli su cui noi scrivevamo tutti i nostri umili aneliti e tutte le umili cose che facevamo o sognavamo di fare non mutassero mai. [...] E qui dentro, ora che siamo giunti alla fine di tutto, studiando libri di astronomia attinti alla biblioteca del carcere, apprendo che anche i cieli sono in continuo mutamento, e subiscono la deriva delle stelle, così come la terra subisce le derive degli uomini.
(Jack London | Il Vagabondo Delle Stelle)

AI MIEI OCCHI

Erano pazzi, pazzi da legare, ma ai miei occhi, che non conoscevano altro, quella era la vita.
(Jack London | Il Vagabondo Delle Stelle)

IN MANIERA SPAVENTOSA

Ero addirittura estasiato dalle costole, che sporgevano in fuori in maniera spaventosa. La sola vista dei vuoti tra l'una e l'altra mi trasmetteva un senso di esaltazione o, per usare un termine più adatto, di santità.
(Jack London | Il Vagabondo Delle Stelle)

C'È POCO DA DIRE

Tutta questa gente assumeva ai mie occhi l'aspetto di escrescenze fetide e malsane che dovevo strappare via dal mio cammino e dal mondo. Avevo, di fronte a loro, la stessa rabbia che il leone catturato ha nei confronti delle reti che lo imprigionano. Mi circondavano da ogni parte, ero in trappola, c'è poco da dire. Non mi restava altra via di scampo che abbatterli, schiacciarli e poi calpestarli sotto i piedi.
(Jack London | Il Vagabondo Delle Stelle)

UN QUID IN PIÙ

Nella definizione inventata da un bambino, secondo cui la memoria è quella cosa con cui si dimentica, c'è un quid in più di quel granello di verità che s'annida anche nelle cose sbagliate. Se riuscire a dimenticare è segno di sanità mentale, il ricordare senza posa è ossessione e follia.
(Jack London | Il Vagabondo Delle Stelle)

RABBIOSI E CATTIVI

"Non sono morti del tutto, caro mio, prima devono marcire, devono sparire nella terra, il più presto possibile, andarsene, buttar via tutto. Credimi, non è facile dimenticare; noi li dimentichiamo, ma loro, poveretti, restano oltre il nostro ricordo. La terra, serve poco; sai, ci vogliono anni per marcire, per liberarsi della carne; e poi le ossa, dure come pietre, che si sciolgono un poco, un poco alla volta, caro mio: dopo dieci anni si spellano un pochino; dopo altri dieci, se la terra è buona e l'acqua vien giù a diluvi, allora cominciano a marcire, ma poco, soltanto alla superficie. Così passa il tempo e loro stanno lì fermi senza muovere un dito, rabbiosi e cattivi, ad aspettare i temporali per fare più presto. Poi, poi c'è la cosa più brutta di tutte."
(Goffredo Parise | Il Ragazzo Morto E Le Comete)

LUNGO LE TEMPIE, DENTRO GLI ORECCHI

Lacrime gli scorrono lungo le tempie e qualcosa gli scivola affettuosamente dentro gli orecchi come per attutire la sua sventura.
(Goffredo Parise | Il Ragazzo Morto E Le Comete)

A QUESTO MONDO

Tutti a questo mondo stanno dimenticando la grande festa; tutti ritornano scontenti, calmi, il loro cuore diventa quotidiano.
(Goffredo Parise | Il Ragazzo Morto E Le Comete)

ATTRAVERSO LA LORO PUPILLA

Edera! Prima di sposarsi era una stracciona e non aveva neppure da mangiare, ora che ne ha sembra ancora una stracciona; ma solo il ragazzo lo comprende. Lei gli regala tutto, lì, in quella barchetta tremolante a pelo d'acqua: dà gli occhi azzurri, le mani, le gambe lisce e pulite, i denti bianchi, dà a lui il suo odore di stracciona vergine; per sentirlo bisogna andare nei giardini botanici intricati di verde, guardare i piccoli pesci che guizzano lungo la pietra spugnosa in fondo alla vasca e penetrare con un salto attraverso la loro pupilla nell'orto di Alì, il vecchio persiano bonario.
(Goffredo Parise | Il Ragazzo Morto E Le Comete)

MENTRE NOI ERAVAMO FUORI

Quella in campagna fu una bella giornata. Peccato che proprio quella notte bombardassero la città mentre noi eravamo fuori; non avevamo mai perso un bombardamento, e lo spettacolo degli scoppi e delle colonne di fumo che salivano nel cielo arroventato ci diede la malinconia e ci giastò il sonno.
(Goffredo Parise | Il Ragazzo Morto E Le Comete)