20150224

CONTRO OGNI ASPETTATIVA

A quali circostanze debbo dire grazie – quand'anche in casi del genere abbia un senso parlare di riconoscenza – se, contro ogni aspettativa, riuscii a scampare alla morte e a ritrovarmi guarita all'inizio della primavera successiva, lo ignoro, così come in generale non so in che modo si riesca a reggere la vita.
(W. G. Sebald | Gli Emigrati)

I FATTI DI QUALSIASI GENERE

Durante il giorno il signor Mandel sedeva per lo più in qualche luogo ombreggiato [...] immerso nelle sue cogitazioni. Laura diceva che lavorava da tempo al progetto di uno Stato in cui non accadesse mai alcunché; nulla, infatti, gli risultava tanto ostico quanto le imprese, gli sviluppi, gli avvenimenti, le trasformazioni e i fatti di qualsiasi genere. Laura invece era per la rivoluzione.
(W. G. Sebald | Gli Emigrati)

IL CUORE DEL MONDO

A me interessano soprattutto i cervi volanti neri e lucidi, assai numerosi nel bosco di Windheim. Con gli occhi li seguo pazientemente nelle loro vie traverse. Talvolta sembrano percorsi da un moto di spavento in tutte le membra. Cadono allora in una specie di deliquio. Restano lì inerti, e io ho come l'impressione che il cuore del mondo abbia cessato di battere. Solo quando trattengo anch'io il respiro, i cervi volanti dalla morte ritornano in vita e il tempo riprende il suo corso. Il tempo. In che tempo è accaduto tutto questo?
(W. G. Sebald | Gli Emigrati)

A PIEDI NUDI SUL PAVIMENTO IMMACOLATO

Adesso, prosegue Luisa, sono dinuovo nel soggiorno. Ho attraversato il vestibolo in penombra dal pavimento in lastre di pietra, ho posato con cautela la mano sullla maniglia – come facevo allora quasi ogni mattina –, l'ho abbassata, ho aperto la porta e dentro, lì a piedi nudi sul pavimento immacolato, mi sono guardata attorno tutta stupita perché in questa stanza ci sono cose bellissime.
(W. G. Sebald | Gli Emigrati)

A UN CERTO STADIO

A poco poco, contemplando la carne trafitta e i corpi dei testimoni del supplizio, piegati per l'afflizione come canne, compresi che a un certo stadio il dolere cancella il proprio presupposto: la coscienza, e quindi anche se stesso, forse – ne sappiamo così poco. È certo invece che la sofferenza psichica è di fatto infinita.
(W. G. Sebald | Gli Emigrati)

DA ALLORA IN POI

Si rivedeva ancora oggi con assoluta chiarezza, dopo la camminata primaverile tra lampi e acquazzoni, scendere dalle propaggini di una torbiera e, da una delle ultime alture, scorgere per la prima volta savanti a sé, a volo d'uccello, la città nella quale da allora in poi avrebbe trascorso la propria vita.
(W. G. Sebald | Gli Emigrati)

20150223

TUTTI I DESERTI

Anzi una volta, mentre esaminava i bagliori di grafite sul dorso delle proprie mani, Ferber stesso osservò che nei suoi sogni, sia diurni sia notturni, lui aveva già attraversato tutti i deserti della terra – di sabbia o di pietra che fossero.
(W. G. Sebald | Gli Emigrati)

CRITERIO IDENTIFICATIVO

Poiché erano tutti egualmente alti e slanciati, e coi loro bei volti regolari si guardavano attorno rivelando identico spregio della morte, era difficile distinguerli l'uno dall'altro, tanto più che non si davano il cambio a intervalli regolari, e la composizione della squadra continuava quindi a variare. Ciò nonostante, sulla scorta di precise osservazioni e di un possibile criterio identificativo basato sulla differenza anagrafica, Ferber riteneva di poter concludere che i camerieri erano in tutto una decina, non di più e non di meno, mentre io per parte mia non riuscivo a ricordare neanche in modo approssimativo che aspetto avessero quelli di volta i volta assenti.
(W. G. Sebald | Gli Emigrati)

20150214

DISCENDENZA DI VOLTI

Se alla fine Ferber, dopo essersi sbarazzato di una quarantina di varianti, o meglio dopo aver cancellato sul foglio uno schizzo via l'altro sostituendolo ogni volta con uno nuovo, si risolveva a consegnare il quadro, non tanto perché convinto di averlo ultimato quanto piuttosto per un senso di spossatezza, l'osservatore aveva la sensazione che esso fosse nato da una lunga discendenza di volti grigi, inceneriti, i quali continuavano ad aggirarsi come spettri su quella carta ormai scorticata.
(W. G. Sebald | Gli Emigrati)

COME PRIMA, COME ADESSO

Tutto doveva rimanere come prima, come lo aveva sistemato lui, come era adesso, e niente doveva aggiungersi tranne gli scarti prodotti mentre dipingeva i suoi quadri, tranne la polvere che si posava senza sosta e che – così ebbe modo di capire a poco a poco – era forse quanto di più caro avesse al mondo. La polvere, diceva, gli era molto più familiare della luce, dell'aria, dell'acqua. Nulla gli risultava più insopportabile di una casa dove si spolvera, e non c'era luogo dove si trovasse così bene come là dove le cose possono restarsene indisturbate e ovattate sotto il sedimento di velluto grigio che si produce quando la materia, alito dopo alito, si dissolve nel nulla.
(W. G. Sebald | Gli Emigrati)

PLACIDA FOSFORESCENZA

Era, mi spiegò, una cosiddeta teas-maid, nel contempo sveglia e bollitore per il té. Il dispositivo di luccicante acciaio inossidabile, montato su uno zoccolo di lamiera color avorio, assomigliava, quando si faceva bollire l'acqua e ne usciva il vapore, a una centrale elettrica in miniatura, mentre il quadrante della sveglia – come risultò di lì a poco al calar del crepuscolo – emanava una placida fosforescenza verde tenero, che mi era familiare sin dall'infanzia e dalla quale di notte mi sentivo inspiegabilmente protetto.
(W. G. Sebald | Gli Emigrati)

A POCHISSIMA DISTANZA

Siamo seduti su un'altana aperta, sopra un leggero rialzo – messi in mostra come sue santi. Grandi velieri ci passano accanto, a pochissima distanza. Avvertiamo l'aria umida che li avvolge e li sospinge. Quando c'è burrasca, dice l'oste, può capitare che con il pennone sfondino una finestra o rovescino una pianta sul davanzale.
(W. G. Sebald | Gli Emigrati)

A CIELO APERTO

Sul far del mattino ci sorprende un rumore inquietante, mai udito prima. Come il brusio di una folla remota, convenuta a cielo aperto in una landa o su una montagna. Saliamo sul tetto e vediamo inarcarsi sopra di noi, a perdita d'occhio, un baldacchino mobile dai disegni bianchi e neri. Sono cicogne, un'infinità di cicogne in migrazione verso sud.
(W. G. Sebald | Gli Emigrati)

CONDIZIONE ESTERIORE

Come solitamente accade quando compaiono nei nostri sogni, i morti erano muti e avevano un'aria un po' mesta e abbattuta. In generale si comportavano come se la loro condizione per così dire esteriore fosse un terribile segreto di famiglia che non doveva essere divulgato in nessun caso. Se mi avvicinavo, si dissolvevano davanti ai miei occhi e, di sé, lasciavano soltanto il posto vuoto che avevano occupato fino a quel momento. Perciò, quando entravano nel mio campo visivo, mi accontentavo di osservarli da lontano. Ebbi ben presto la sensazione che, ovunque li incontrassi, essi rappresentassero un punto fosso in mezzo all'incessante andirivieni che li circondava.
(W. G. Sebald | Gli Emigrati)

INOSSIDABILI SIGNORE

Quasi tutti gli alloggi sono da tempo vuoti, i loro proprietari hanno preso congedo da questo mondo. Solo alcune inossidabili signore continuano a venire ogni estate e si aggirano come fantasmi nell'immane edificio. Per qualche settimana tolgono i teli bianchi degli arredi, la notte giacciono immobili come composte nella bara in mezzo al vuoto che le circonda, vagano per gli ampi corridoi, attraversano gli immensi saloni, fanno risuonare dei loro passi il vano delle scale, mentre salgono e scendono i gradini mettendo con cautela una scarpa avanti all'altra, e la mattina presto portano a spasso sulla promenade i loro ulcerosi barboncini e pechinesi.
(W. G. Sebald | Gli Emigrati)

SMANIA NICHILISTA

[...] quali che fossero le mie aspttative, fu subito chiaro che al pari di ogni altra meta di viaggio non importa in quale paese o in quale parte del globo, quella località balneare un tempo leggendaria era irrimediabilmente decaduta e compromessa dal traffico automobilistico, dal moltiplicarsi delle bottegucce e da una smania nichilista che in tutti i modi va affermandosi e sempre più si estende.
(W. G. Sebald | Gli Emigrati)

QUESTIONE DI PROSPETTIVA

Non c'è dubbio che, in un certo senso, adesso il pazzo sono io; ma, come forse lei sa, è una pura questione di prospettiva.
(W. G. Sebald | Gli Emigrati)

OUT HERE

I often come out here, disse zio Kasimir, it makes me feel that I am a long way away, though I never quite know from where.
(W. G. Sebald | Gli Emigrati)

LE TENEBRE LÌ SOTTO

C'era da tremare di paura, dichiarò, alla vista delle onde che si sollevavano dagli abissi e si riavvolgevano su se stesse. Fin da bambino ero atterrito quando, giocando a curling sullo stagno delle rane ghiacciato e fermandomi a guardare in basso, d'un tratto la mente andava alle tenebre, lì sotto ai mie piedi.
(W. G. Sebald | Gli Emigrati)

APPENA FUORI

Appena fuori dal perimetro aeroportuale, ci mancò poco che uscissi di strada quando, al di sopra di una gigantesca montagna di immondizia accumulatasi in quel luogo, vidi levarsi pesantemente in volo un Jumbo simile a un mostruoso essere preistorico.
(W. G. Sebald | Gli Emigrati)

A METÀ DE SOGGIORNO

A ogni suo viaggio, tre settimane dopo l'arrivo piangeva ancora per la gioia di averci rivisto e tre settimane prima della partenza piangeva già per il dolore della separazione. Quando restava da noi più di sei settimane, a metà del suo soggiorno godeva di un periodo abbastanza tranquillo.
(W. G. Sebald | Gli Emigrati)

DALLO SFONDO

Tassello dopo tassello la vita di Paul Bereyter si staccava dunque dal suo sfondo.
(W. G. Sebald | Gli Emigrati)

CERTI PENNUTI

Il solino della camicia gli era diventato troppo largo intorno al collo rugoso che, come quello di certi pennuti o di una tartaruga, poteva allungarsi e ritrarsi a fisarmonica, la testa era piccola, faceva pensare a qualcosa di non ancora evoluto o già regredito [...].
(W. G. Sebald | Gli Emigrati)

LE OMBRE DELLA SERVITÙ

Spesso ho cercato di immaginarmi come fosse, dentro, la testa di quelle persone capaci di vivere ben sapendo che, dietro le pareti delle stanze in cui si intrattenevano, guizzavano di continuo le ombre della servitù, e mi figuravo che dovessero temere la natura fantomatica di quegli individui i quali, per quattro soldi, sbrigavano solerti le numerose incombenze quotidiane.
(W. G. Sebald | Gli Emigrati)

ABITARE IL GIARDINO

I suoi movimenti erano goffi e insieme composti – e di una cortesia ormai da tempo inusuale fu anche quel suo presentarsi come dottor Henry Selwyn. Eravamo di certo venuti per l'appartamento, soggiunse. A quanto ne sapeva, non lo avevano ancora affittato, ma in ogni caso dovevamo pazientare fino al ritorno di Mrs. Selwyn, perchè la proprietaria di casa era lei, mentre lui si limitava ad abitare il giardino, ad essere a kind of ornamental hermit.
(W. G. Sebald | Gli Emigrati)