20110725

DENTRO DI SÉ

Il bambino emise un sospiro stanco come se fosse andato a prenderlo al di là del Mare del Nord e l'avesse portato indietro chiuso dentro di sé.
(Michael Chabon | Soluzione Finale)

NATURA ANIMALE

Sarebbe stata una giornata calda, e un'ape al caldo era un'ape scontenta. Ma, almeno per il momento, c'erano ancora il fresco della notte, la nebbia sulla collina e un forte odore di mare, così sprecò altri cinque minuti a godersi la sua pipa. L'aria del mattino, il tabacco che bruciava, la sonnolenta atmosfera di fine estate, le api sazie di miele: erano stati i pieceri della sua vita [...]. Piaceri di natura animale, non aveva difficoltà a ricnonscerlo.
(Michael Chabon | Soluzione Finale)

IN CERCA DI TESORI

Le api, effettivamente, in un certo senso gli parlavano. Il ronzio monotono, il sonoro vuoto che altri sentivano, era per lui un racconto multiforme, ricco, modulato, sempre nuovo, fatto di voci separate come i sassi grigi che formano il greto di un fiume. Lui si muoveva lungo quel suono, occupandosi dei suoi alveari con la cura e la meraviglia di chi perlustra la spiaggia in cerca di tesori. Quel canto non nascondeva alcun messaggio - non era pazzo fino a questo punto - ma questo non voleva dire che non avesse significato. Era il canto di una città, [...] dove tutti facevano esattamente quello che dovevano fare, nel modo stabilito da remoti e rispettabili antenati. Una città dove nessuno rubava gemme, lingotti d'oro, lettere o piani navali segreti. [...] Niente coltellate, scazzottate, spari; un'assenza quasi totale di violenza, se si escludeva il regicidio. Nella città delle api, tutte le morti erano pianificate, previste decine di milioni di anni prima; ogni morte, nel momento stesso in cui avveniva, si traduceva con la massima efficienza in nuova vita per l'alveare.
(Michael Chabon | Soluzione Finale)

20110723

NATURALMENTE

Avrei dovuto, naturalmente, darle il fracco di legnate lì per lì e senza esitare; ma avevo il fiatone, e anche una gran fame; e ad ogni modo la clava ce l'aveva in mano lei.
(Roy Lewis | Il Più Grande Uomo Scimmia Del Pleistocene)

LE ULTIME PAROLE FAMOSE

"Fin dove dobbiamo spingerci, papà?" domandai io. "Pensavo che stessimo già più che bene."
"Sciocchezze" sbuffò papà. "Stiamo bene? Fra poco avrai il coraggio di affermare che ci siamo perfettamente adattaati all'ambiente. È ciò che dicono tutti quelli che si sono stancati di evolvere; sono le ultime parole famose dello specialista, prima che sopraggiunga a mangiarselo uno specialista ancora più specializzato [...]"
(Roy Lewis | Il Più Grande Uomo Scimmia Del Pleistocene)

UNICO CONDIMENTO

Il nostro unico condimento era la fame; ma ne avevamo tantissima.
(Roy Lewis | Il Più Grande Uomo Scimmia Del Pleistocene)

QUATTRO ZAMPE VS DUE ZAMPE

Una ragione importante per abbandonare la foresta era proprio l'esigenza di arricchire la dieta con più carne. Nelle pianure ce n'era un sacco. Il guaio era che aveva sempre quattro zampe. Le grandi praterie pullulavano di bestie: mandrie sterminate di bisonti, bubali, impala, orici, gnu, bufali, antilopi, gazzelle, zebre e cavalli, per citare solo quelli che più volentieri avremmo messo sotto i denti. Solo che rincorrere della carne a quattro zampe cercando di stare in equilibrio su due è piuttosto complicato [...]
(Roy Lewis | Il Più Grande Uomo Scimmia Del Pleistocene)

20110722

SENZA RUMORE

Arrivarono.
Gli uomini proseguorono fino al fondo, si fermarono in un punto nell'erba dov'era stata scavata la fossa.
La gente si dispose tutt'intorno; e mentre il prete parlava, la terra rossa, ammonticchiata sui margini, scivolava giù da ogni angolo, senza rumore, continuamente.
(Gustave Flaubert | La Signora Bovary)

20110720

I ROTTAMI

Quindi rinunciava al flauto, ai sentimenti elevati, alla fantasia: perché ogni borghese, nell'ardore della sua giovinezza, non foss'altro che per un giorno, per un istante, si è creduto capace di immense passioni, di alte imprese. Il più mediocre libertino ha sognato sultane; ogni notaio porta dentro di sé i rottami d'un poeta.
(Gustave Flaubert | La Signora Bovary)

COLOMBA

Mai aveva incontrato una simile grazia nel linguaggio, simile risevo nel vestire, quelle pose di colomba assopita. Ammirava il fervore della sua anima e le trine della sua sottana.
(Gustave Flaubert | La Signora Bovary)

FURORE LOCOMOTORIO

"Il signore dove va?" domandò il cocchiere.
"Dove volete!" disse Léon spingendo Emma nella carrozza.
E la pesante macchina si mise in moto.
Scese via dal Ponte Grande, attraverso piazza delle Arti, il lungofiome Napoleone, il Ponte Nuovo e si fermò di colpo davanti alla statua di Pierre Corneille.
"Continuate!" fece una voce dall'interno.
La carrozza ripartì, e, dopo il crocicchio La Fayette, abbandonandosi alla discesa, entrò a gran galoppo nella stazione ferroviaria.
"No, dritto!" gridò la stessa voce.
La carrozza uscì dai cancelli, e ben presto, arrivata sul corso, trottò dolcemente in mezzo ai grandi olmi. Il cocchiere s'asciugò la frone, si cacciò tra le gambe il berretto di cuoio e spinse la vettura fuori dai controviali, in riva all'acqua, presso l'erba.
Essa andò costeggiando il fiume, sulla strada alzaia lastricata di ciottoli a secco, e avanti a lungo, dalla parte di Oyssel, al di là delle isole.
Ma d'improviso si slanciò in un balzo per Quatremares, Sotteville, via Maggiore, via d'Elbeuf, e si fermò per la tarza volta dinanzi all'Orto Botanico.
"Avanti dunque!" gridò la voce più furiosamente.
E subito, riprendendo la corsa, passò per San Severo, per il lungofiume dei Curandiers, per il lungofiume delle Mole, di nuovo per il ponte, per piazza Campo di Marte, e dietro i giardini dell'ospizio, dove dei vecchi in abiti neri passeggiavano al sole, lungo una terrazza tutta verde di edera. Risalì il viale Bouvreuil, percorse il viale Cauchoise, poi tutto il Monte Riboudet fino alla costa di Deville.
Tornò indietro, e allora, senza un partito preso né una direzione, vagabondò. Fu vista a Saint-Pol, a Lescure, al Monte Gargan, alla Rouge-Mare e in piazza Gaillard-bois, in via Maladrerie, in via Dinaderie, davanti a San Romano, a San Viviano, a San Maclou, a San Nicasio - davanti alla Dogana -, alla Vecchia Torre Bassa, alle Tre Pipe e al Cimitero Monumentale. Di tanto in tanto il cocchiere, dall'alto della cassetta, gettava alle bettole sguardi disperati: non capiva quale furore locomotorio inducesse quegli individui a non volersi fermare. A volte ci provava, e subito udiva dietro a sé alzarsi esclamazioni di collera. Allora frustava a piena forza le due rozze tutte in sudore, ma senza badare agli scossoni, urtando ora qui ora là, sbadatamente, demoralizzato, e quasi piangente di sete, di stanchezza e di tristezza.
E sul porto, fra i carri e le botti, e nelle strade, sulle cantonate, i cittadini sbarravano larghi occhi trasecolati davanti a quella cosa tanto straordinaria in provincia, una carrozza con le cortine tirate, e che compariva così di continuo, più chiusa d'una tomba e sballottata come un vascello.
Una volta, nel pieno pomeriggio, in aperta campagna, nel momento in cui il sole picchiava più forte contro i vecchi fanali argentati, una mano nuda s'infilò di sotto alle tendine di tela gialla e gettò dei frammenti di carta che si dispersero al vento e ricaddero più lontano, come farfalle bianche, su un campo di trifoglio rosso tutto in fiore.
Poi verso le sei, la carrozza si fermò in un vicolo del quartiere Beauvoisine, e una donna ne scese, che camminava col velo abbassato, senza voltare il capo.
(Gustave Flaubert | La Signora Bovary)

IN TUTTI I SOBBORGHI

Era uno di quegli alberghi come ce n'è in tutti i sobborghi di provincia, con grandi scuderie e piccole stanze da letto e cortili dove si vedono i polli beccare l'avena sotto i calessi incrostati di fango dei commessi viaggiatori; - buone vecchie dimore dai balconi di legno tarlato che cigolano al vento nelle notti d'inverno, sempre piene di gente, di baccano e di cibarie, con i tavoli neri impiastricciati di caffè al rum, i grossi vetri ingialliti dalle mosche, i tovaglioli umidi chiazzati di blu dal vino; e , conservando un'aria paesana, come garzoni di stalla in abiti festivi, hanno un caffè sulla strada, e dalla parte della campagna un recinto di legumi.
(Gustave Flaubert | La Signora Bovary)

APOLOGIZE/FORGIVE

No, don't ask me to apologize. I won't ask you to forgive me.
(Elvis Costello | Hand In Hand)

20110713

ORSI VS STELLE

Non distingueva, quell' uomo così ricco di esperienze, la diversità dei sentimenti che si cela sotto l'uniformità delle espressioni. [...] tutto andava sminuito, pensava, nei discorsi infocati si nascondono gli affetti mediocri; come se la pienezza dell'anima non traboccasse qualche volta dalle metafore più vuote, perché nessuno, mai, riesce a dare l'esatta misura delle proprie necessità, né dei propri concetti, né del proprio dolore, e la parola umana è come un paiolo incrinato su cui veniamo battendo melodie atte a far ballare gli orsi, quando vorremmo intenerire le stelle.
(Gustave Falubert | La Signora Bovary)

RONDINI NEL FANGO

Come aveva fatto dunque (lei che era così intelligente) a ingannarsi ancora una volta? Del resto, per quale deplorevole mania avar sciupato la propria esisitenza in sacrifici continui? Essa ricordò gli istinti che la portavano al lusso, tutte le privazioni della sua anima, le bassezze del matrimonio, della casa, i suoi sogni che cadevano nel fango come rondini ferite, tutto quello che aveva desiderato, tutto quello che a se stessa aveva rifiutato, tutto quello che aveva perduto! ma perché, perchè?
(Gustave Flaubert | La Signora Bovary)

20110704

CON LE GINOCCHIA

Perché mai non aveva afferrato quella gioia, quando le si era offerta! Perché non l'aveva trattenuta con entrambe le mani, con entrambe le ginocchia, quando voleva fuggire via?
(Gustave Flaubert | La Signora Bovary)

VENTO D'INVERNO

[...] e il dolore s'ingolfava nella sua anima con urli dolci, come fa il vento d'inverno nei castelli abbandonati.
(Gustave Flaubert | La Signora Bovary)