20121210

PIÙ PROFONDAMENTE

Ovviamente [l'esistenza del collezionista] è legata anche a molto altro: a un rapporto oltremodo enigmatico con la proprietà [...]. E poi, a un rapporto con gli oggetti che non ne mette in primo piano il valore funzionale, e dunque la loro utlilità o fruibilità, ma li studia e li ama in quanto scena, teatro del loro proprio destino. Quel che più profondamente affascina il collezionista è collocare il nuovo acquisto dentro una sfera magica in cui, mentre è percorso dall'ultimo brivido, il brivido del venire acquisito, l'oggetto si immobilizza. [...] Qui dunque, in questo spazio conchiuso, è possibile immaginare come i grandi fisiognomi – e i collezionisti sono i fisiognomi degli oggetti – diventano veggenti. [...] Non esagero dicendo: per il vero bibliofilo acquistare un vecchio libro è farlo rinascere.
(Walter Benjamin | Aprendo Le Casse Della Mia Biblioteca)

20121105

DI TUTTO

Erano contente di essere sopravvissute, proprio per poter vedere questo, e godevano di tutto, senza dar nulla per scontato.
(Velma Wallis | Due Donne)

20120924

FIRST/SECOND

I may not be a first-rate composer, but I am a first-class second-rate composer.
(Richard Strauss)

20120905

SOSPENSIONE

"Lago della conca verde" disse infine Norman [MacCaig]. Pausa. “È quello il suo vero nome?" Pausa. "Ma se vai a Lochinver e chiedi di un uomo che ha nome Norman MacAskil, se ti avrà in simpatia potrà volerti dire dove si trova. Vorrei che tu pescassi per me in quel lago. Se prenderai un pesce ne sarò felicissimo. Se non lo prenderai..." Pausa. I poeti, come i comici, hanno evidentemente un istinto per le sospensioni. "...ne sarò molto divertito, mentro osservo da un luogo nel quale non credo."
(Andrew Greig | Il Lago Della Conca Verde, in Dovevo Andarci)

20120902

FEDELE VS INFEDELE

A quanto pare Botticelli aveva sbagliato completamente la fronte, il mento e il naso. Il ritratto che dipinse Giotto è molto più fedele, ma il Dante di Giotto somiglia a un qualunque giovane del trecento, mentre quello di Botticelli sembra un uomo che è stato all'inferno e ne è tornato.
(Elif Batuman | Commedia Divina, Internazionale n.960-961-962)

20120824

N'T

"When did you play last?"
"I didn't."
"Where have you played before?"
"I haven't."
"When will you be playing next?"
"I don't."
(Harry Nilsson)

UNA BUONA MATTINA

Capita che nasca inaspettatamente una vaga sensazione di odio, una buona mattina, e si nutra delle inezie dell'alba: di un odore rancido, di una luce confusa, di un caldo appiccicoso, di un ghigno falso, di una bocca umida, del semplice russare. Tutto alimenta: in pochi minuti il debole embrione dell'astio cresce. Ingrassa come una palla di neve fino a trasformarsi in un pungente e velenoso sentimento di odio intenso.
(Cristina Sánchez-Andrade | Le Lucertole Hanno L'Odore Dell'Erba)

20120806

(DOPO) LA SCOPERTA

Nella sua autobiografia Sean O'Faolain, riferisce di come l'incapacità a conciliare il libero arbitrio umano con l'onniscienza divina un giorno gli sia stata chiarita – per un'improvvisa magia o per un  miracoloso barlume introspettivo – mentre si trovava in taxi a Manhattan. O'Faolain è giunto alla conclusione che qualsiasi azione umana resta una libera scelta fino a quando non è commessa. Una volta che un'azione è commessa diventa ciò che Dio voleva che fosse commesso. Dopo questa scoperta lui e il tassista sono andati a ubriacarsi.
(Anthony Burgess | Perché Ho Scritto Arancia Meccanica)

20120805

UN DIPINTO

A volte, quando mi sveglio con l'affanno ho la sensazione di essere ancora lì, bloccato sulla ferrovia innevata [...]. E c'è un lupo che ci fissa, che guarda il convoglio, e io abbasso il finestrino a metà e prendo la mira con il fucile appoggiato al vetro e il pittore mi dice: Ma che fai? Non lo vedi? ribatto io, ammazzo quel lupo. Non rovinare il dipinto, dice lui. Mi è costato molto lavoro.
(Manuel Rivas | Il Lapis Del Falegname)

DUE PESCI

Ho visto un uomo e una donna farsi di tutto, ma quei due si bevevano a vicenda. Si succhiavano l'acqua con le labbra e con la lingua. La sorbivano dalle orecchie, nell'incavo degli occhi, su per il collo a partire dai seni. Erano così inzuppati che dovevano sentirsi nudi. Si baciavano come due pesci.
(Manuel Rivas | Il Lapis Del Falegname)

TENTACOLO

Fosse estate o inverno, una coltre di nebbia gravava sulla zona, un'umidità compatta che sembrava stritolare lentamente la casa anno dopo anno, incurvando il tetto di tegole, aprendo crepe nei muri. Il bambino era sicuro che la notte uno dei suoi tentacoli scendesse per il camino e si attaccasse al soffitto con le grandi ventose, lasciando quelle macchie circolari simili a crateri di un pianeta grigio.
(Manuel Rivas | Il Lapis Del Falegname)

IN AGGUATO

A Herbal Nan sembrava un tipo strano. Nel frutteto c'era un melo ricoperto di muschio bianco, quel prozio falegname assomigliava un po' al suo albero. Nel villaggio, la vecchiaia stava in agguato. All'improvviso, ti mostrava i denti spuntando da un angolo in ombra, vestiva a lutto le donne in un periodo di nebbia, stravolgeva le voci in un sorso di acquavite e nello spazio di un inverno riempiva di rughe la pelle. Ma la vecchiaia non era riuscita a trafiggere Nan.
(Manuel Rivas | Il Lapis Del Falegname)

UN FASTIDIO

I morti che non muoviono sono un fastidio.
(Manuel Rivas | Il Lapis Del Falegname)

DEBOLE LAMENTO

Il mare muggiva sulle scogliere da Punta Herminia fino a San Amaro come una vacca impazzita ai pertugi di mangiatoie vuote. Dopo ogni scarica calava il silenzio, in cui sembrava di avvertire un debole lamento umano. Poi ricominciava la litania della vacca impazzita.
(Manuel Rivas | Il Lapis Del Falegname)

20120727

L'ORRORE A VENIRE

Il substrato dell'anima e la realtà intelligente, Le bare infantili ai tempi di Charles Dickens, La pittura di Millet, le mani delle lavandaie e l'invisibilità della donna, L'Inferno di Dante, il quadro La pazza Kate e il manicomio di Conxo, La questione dello Stato, la fiducia di base e la poesia A xustizia pola man di Rosalía de Castro, L'impronta del paesaggio e il sentimento di malinconia, L'orrore a venire: la biologia genetica, il desiderio di mantenersi sani e il concetto di vite zavorre.
(Manuel Rivas | Il Lapis Del Falegname)

ADATTAMENTO FORZATO

In ospedale curiamo casi di nausea e vertigini che si verificano quando una persona si alza in piedi di scatto, eredità dello scompenso funzionale causato dall'adattamento forzato alla posizione verticale. Quello di cui l'essere umano ha davvero nostalgia è la posizione orizzontale.
(Manuel Rivas | Il Lapis Del Falegname)

20120726

THE SOUND OF BUSINESS

They were driving south on the highway
Their business was in another town
Bigger than the town they were driving from
Business took place during office hours in both towns
This drive was considered business
The feeling of passing other cars was also considered business
A feeling of business being done
The feeling of drifting slowly through a field of moving vehicles
This was the real speed...
The speed of business.
(David Byrne | The Knee Plays)

20120725

SOPRA LA TOMBA

Io non osai avvicinarmi. Avevo paura di vedere il suo viso, gli occhi chiusi, la pelle grigia e sporca di polvere, i suoi bei capelli. I marinai, con le pale, la ricoprirono di terra, e sopra la tomba misero qualche grossa pietra. Poiché era solo un'indiana, non ci furono preghiere, non ci furono croci. Niente indicava il punto in cui era sepolta.
(Jean-Marie Gustave Le Clézio | Il Posto Delle Balene)

20120724

MORIRE SULLA SPIAGGIA

Non potrò mai dmenticare quella notte. Dormimmo sulla riva, senza avere idea di dove ci trovassimo [...]. Gli uomini si sdraiarono sulla spiaggia, senza coperte, perché l'aria era mite e non c'era un alito di vento. Io cercavo di dormire, ma sentivo il rumore delle loro voci. Parlavano a voce bassa, senza vedersi, al solo chiarore delle stelle che illuminavano vagamente la sabbia della riva, ascoltando le onde che venivano a morire sulla spiaggia. A volte si udivano i rumori strani nel canale, il fruscio dell'acqua sui corpi dei pesci giganteschi, e avvertivo l'odore caratteristico del loro fiato.
(Jean-Marie Gustave Le Clézio | Il Posto Delle Balene)

GIGANTI MORTI

Ero anch'io come uno di quegli uccelli crudeli che volavano e stridevano intorno ai giganti morti, quegli uccelli da preda che seguivano i cacciatori di Nantucket?
(Jean-Marie Gustave Le Clézio | Il Posto Delle Balene)

20120715

IF THE FUTURE

In the future everyone will have the same haircut and the same clothes.
In the future everyone will be very fat from the starchy diet.
In the future everyone will be very thin from not having enough to eat.
In the future it will be next to impossible to tell girls from boys, even in bed.
In the future men will be super-masculine and women will be ultra-feminine.
In the future half of us will be mentally ill.
In the future there will be no religion or spiritualism of any sort.
In the future the psychic arts will be put to practical use.
In the future we will not think that "nature" is beautiful.
In the future the weather will always be the same.
In the future no one will fight with anyone else.
In the future there will be an atomic war.
In the future water will be expensive.
In the future all material items will be free.
In the future everyone's house will be like a little fortress.
In the future everyone's house will be a total entertainment center.
In the future everyone but the wealthy will be very happy.
In the future everyone but the wealthy will be very filthy.
In the future everyone but the wealthy will be very healthy.
In the future TV will be so good that the printed word will function as an art form only.
In the future people with boring jobs will take pills to relieve the boredom.
In the future no one will live in cities
In the future there will be mini-wars going on everywhere.
In the future everyone will think about love all the time.
In the future political and other decisions will be based completely on opinion polls.
In the future there will be machines which will produce a religious experience in the user.
In the future there will be groups of wild people, living in the wilderness.
In the future there will be only paper money, which will be personalized.
In the future there will be a classless society.
In the future everyone will only get to go home once a year.
In the future everyone will stay home all the time.
In the future we will not have time for leisure activities.
In the future we will only work one day a week.
In the future our bodies will be shriveled up but our brains will be bigger.
In the future there will be starving people everywhere.
In the future people will live in space.
In the future no one will be able to afford TV.
In the future the helpless will be killed.
In the future everyone will have their own style of way-out clothes.
In the future we will make love to anything anytime anywhere.
In the future there will be so much going on that no one will be able to keep track of it.
(David Byrne | The Knee Plays)

20120714

CASACIOK NELLA TAIGA

Nei suoi giorni liberi la ragazza prese l'abitudine di seguire Oskari e Satanasso nei boschi, e qui insegnò all'orso a ballare il casaciok. Sulle prime l'animale restò sconcertato da tutto quel trambusto, ma poi arrivò a comprendere quel numero e finì per superare in bravura l'insegnante.
(Arto Paasilinna | Il Miglio Amico Dell'Orso)

IL MOMENTO DELL'ADDIO

Caro è il momento dell'addio, meditò il reverendo nell'atto di versarle il denaro per l'aereo.
(Arto Paasilinna | Il Miglio Amico Dell'Orso)

MISURA DI SICUREZZA

"La coscienza è un sistema d'allarme interiore, un segnale che inibisce o ammonisce di fronte alle ingiustizie. Non c'è bisogno di sentire alcun monito divino. Il sentimento del peccato è una conseguenza dell'evoluzione [...][che] ha portato allo sviluppo di tante altre caratteristiche, atte a difendere la specie e con ciò la vita. La coscienza è una misura di sicurezza contro l'autodistruzione del genere umano."
(Arto Paasilinna | Il Miglio Amico Dell'Orso)

20120615

THE SAME SONG

Love is like jazz
the same song a million times
in different ways
(Magnetic Fields | Love Is Like Jazz)

20120612

MOTIVI DI SICUREZZA

Guidò piano finché non trovò un'altra macchina a cui accodarsi. Dopo un po' vide nello specchietto retrovisore che qualcun altro si accodava a lui. Si trovava in un convoglio di proporzioni ignote dove ciascuna macchina non perdeva di vista le luci di coda di quella che la precedeva, come una carovana in un deserto di percezioni, radunata provvisoriamente per motivi di sicurezza mentre attraversava un'area di cecità.
(Thomas Pynchon | Vizio Di Forma)

PIÙ PROFONDO DELL'OMBRA

Il Club Asiatique si trovava a San Pedro di fronte a Terminal Island, con una veduta filtrata sul Vincent Thomas Bridge. Di notte sembrava coperto, quasi protetto, da qualcosa di più profondo dell'ombra – un'espressione visiva della convergenza, da tutto il Pacific Rim, di innumerevoli bisogni di concludere affari lontano da occhi indiscreti.
(Thomas Pynchon | Vizio Di Forma)

E COSÌ VIA

Nel frattempo la gente avvistava Mickey ovunque. Nel reparto cani da Ralph's a Culver City, mentre sgraffignava filetti di manzo in quantità industriale. A Santa Anita, tutto preso a confabulare con un tipo che di nome faceva Shorty o Speedy. O secondo alcuni resoconti, il tipo aveva entrambi i nomi. In un bar di Los Mochis, mentre guardava un vecchio episodio de Gli Invasori doppiato in spagnolo e scriveva con foga promemoria per se stesso. Nelle sale Vip di vari aeroporti da Heathrow a Honolulu, mentre beveva improvvisati miscugli di uva e grano che non si vedervano dai tempi del Proibizionismo. Nella Bay Area, a manifestazioni contro la guerra, dove implorava un assortimento di autorità di abbatterlo e porre fiona ai suoi affanni. A Joshua Tree, a sballarsi col peyote. Ascendendo nel cielo cinconfuso di una radiosità quasi inguardabile verso un veicolo spaziale di origine non terrestre. E così via.
(Thomas Pynchon | Vizio Di Forma)

20120611

BRACCIA DI GENTE

La strada era invasa dalla nebbia, ma c'erano ancora spiragli e ondeggimenti. I valloni ai due lati ne erano invece colmi rasi, di un'ovatta assestata, immota. La nebbia aveva anche risalito i versanti, solo alcuni pinastri in cresta ne emergevano, sembravano braccia di gente in punto di annegare.
(Beppe Fenoglio | Una Questione Privata)

L'ULTIMA COSA IMMAGINABILE

Era salito da Tresio, in un'ora, incontrando innumerevoli banchi di nebbia, alti al suo ginocchio, che come greggi gli attraversavano la strada. Si era svegliato con la certezza della pioggia battente sul tetto rotto della stalla, ma non pioveva. C'era invece molta nebbia, intasava i valloni e si stendeva in lenzuola oscillanti sui fianchi marci delle colline. Per le colline mai aveva provato tanta nausea, mai le aveva viste così sinistre e fangose come ora, tra gli squarci della nebbia. Le aveva sempre pensate, le colline, come il naturale teatro del suo amore [...] e gli era invece toccato di farci l'ultima cosa immaginabile, la guerra.
(Beppe Fenoglio | Una Questione Privata)

DIFFERENTE DA SEMPRE

Arrivarono. Le sei batterono al campanile, per Milton era una tonalità differente da sempre. Arrivarono. In quella estrema umidità le stalle del paese puzzavano come non mai e sulla strada lo sterco dei buoi si dissolveva in rigagnoli giallastri. Arrivarono.
(Beppe Fenoglio | Una Questione Privata)

LO SAPEVANO

Lei sapeva che io ero e sono innamorato di Fulvia. Non poteva non saperlo, proprio lei. Lo sapevano il cane da guardia, i muri della villa, le foglie dei ciliegi che ero innamorato di Fulvia.
(Beppe Fenoglio | Una Questione Privata)

SOTTOTERRA, AL RIPARO

"Parlo dei miei due figli," rispose, accentuando il sorriso, "che mi son morti di tifo nel trentadue. Uno di ventuno e l'altro di vent'anni. Tanto che mi disperai, tanto che impazzii, che mi volevano ricoverare anche quelli che mi volevano veramente bene. Ma adesso sono contenta. Adesso, passato il dolore col tempo, sono contenta e tanto tranquilla. Oh come stanno bene i miei poveri due figli, come stanno bene sottoterra, al riparo dagli uomini..."
(Beppe Fenoglio | Una Questione Privata)

MORTO FUCILATO

Non erano ancora arrivati al passo della Torretta che era già notte nera, incarnita. Camminavano in cresta, pigliando di petto un vento forte, sinistro, di un freddo già invernale. Un vento, disse Meo, che senz'altro nasceva dalle tombe spalancate di uno di quei ciniteri d'alta collina dove lui non sarebbe rimasto nemmeno morto fucilato. Era un deserto completo, ma tutti i cani della mezzacosta latravano, annusandoli mentre passavano in cresta.
(Beppe Fenoglio | Una Questione Privata)

20120608

TANTE VOLTE

C'erano marito e moglie poveri, che stavano in campagna.

C'era una volta un Principe ricco come il mare.

Un ragazzo s'era messo in testa di andare a fare il ladro.

C'erano dodici fratelli che litigarono col padre tutti e dodici, e se ne andarono da casa.

C'era un Re e aveva una figlia.

Un contadino scendeva un giorno a Biella.

C'era tre sorelle, a lavorare in un paese.

C'era uno che era devoto a San Giuseppe e basta.

C'era una volta padre madre due bambini e una ragazza.

Una volta c'era marito e moglie, gran signori.

Una donna aspettava un bambino, e aveva voglia di prezzemolo.

Pierino Pierone era un bambino alto così, che andava a scuola.

Un Re s'ammalò.

Un uomo aveva un nipote che era stupido: non capiva niente ma non aveva paura di nulla.

Un Re era ficcanaso.

C'erano due gobbi, fratelli.

Questa Berta era una povera donna che non faceva altro che filare, perché era una brava filatrice.

C'erano tre figli di Re, ma il Re era morto e la Regina pure.

C'era un Re che faceva quattro passi.

Una volta alla Borea venne voglia di prender marito.

Un Re vedovo con un figlio si risposò e poi morì.

C'era una volta la madre d'un figlio.

Dice che una volta c'erano due fratelli.

Un re e una Regina non avevano figli.

Diavolozoppo stava a Casacalda.

C'era un Re; si credeva d'esser bello.

Una volta c'era un negoziante, e teneva un negozio di roba.

Una volta, al mondo, non c'era il fuoco.

(Italo Calvino | Fiabe Italiane)


20120508

UN UOMO

L’intellettuale cechoviano era un uomo che associava alla più profonda rispettabilità di cui un uomo è capace, un’incapacità quasi ridicola [a tradurre] in azione i propri ideali e principi; un uomo dedito alla bellezza morale, al benessere della sua gente, al benessere dell’universo, ma incapace di concludere alcunché di utile nella sua vita privata; un uomo che spreca la sua esistenza provinciale in una caligine di sogni utopici; che sa con esattezza che cosa è bene e per che cosa vale la pena vivere, ma nello stesso tempo sprofonda sempre più nel fango di una monotona esistenza… Un uomo buono che non sa agire bene… È infelice quest’uomo, e rende infelici gli altri; non ama i propri fratelli, neanche le persone che gli sono più vicine, ma solo le più remote… Erano uomini che potevano sognare; non governare. 
(Vladimir Nabokov | Lezioni Di Letteratura Russa)

VEDE

La faccenda, bàtenka, non sta nella donna. La faccenda sta in un sentimento vigliacchetto, sudicetto, bruttino... Al modesto giovanotto è dispiaciuto, vede, che non fosse stato lui ad avere la meglio. L'amor proprio, vede... Gli è venuta voglia di vendicarsi. Poi...
(Anton Čechov | Il Fiammifero Svedese)

20120503

SIA CALDO CHE FREDDO

Vanda piangeva sul collo di lui, quel bagnato subito caldo e poi subito freddo lo indeboliva spaventosamente.
Poi lei gli disse nel collo: "Io lo vorrei il bambino."
"Il bambino lo avrai, te l'ho dato ed è tuo, lo avrai il bambino," diceva lui, ma non sapeva uscire dal buio che era nel collo di lei, non voleva vedere la luce.
(Beppe Fenoglio | La Paga Del Sabato)

UNA MONTAGNA DI COSE

Sua madre stava seduta davanti alla finestra e guardava i tetti della casa dirimpetto.
"Tu non esci mai la domenica?" le domandò.
Lei scosse la testa.
"Ti riposi?"
"Mi riposo le braccia e le gambe ma non la testa."
"Cos'hai nella testa?"
"Penso."
"A cosa pensi, madre?"
Sua madre alzò il mento come per indicare la cima di una montagna di cose.
(Beppe Fenoglio | La Paga Del Sabato)

LE PERSONE CHE LO AMAVANO

Lei scosse la testa e disse di no.
Lo prese un furore, nessuno che lo facesse infuriare come le persone che lo amavano, sua madre, adesso Vanda [...]. La mano gli tremava per la voglia di correre alla pistola, si sentiva capace di minacciarla con la pistola.
(Beppe Fenoglio | La Paga Del Sabato)

QUALUNQUE ALTRA COSA

Finalmente arrivarono gli impiegati, otto, dieci, undici in tutto, non si mischiarono agli operai sull'asfalto, stettero sul marciapiede. Lui si nascose ditero l'orinatoio e li osservava attraverso i trafori metallici. 'Io dovrei fare il dodicesimo,' si disse, ma cominciò a scuotere la testa, non finiva più di scuoterla e diceva: "No, no, non mi tireranno giù nel pozzo con loro. Io non sarò mai dei vostri, qualunque altra cosa debba fare, mai dei vostri. Siamo troppo diversi, le donne che amano me non possono amare voi e viceversa. Io avrò un destino diverso dal vostro, non dico più bello o più brutto, ma diverso [...]
Ecco là gli uomini che si chiudevano fra quattro mura per le otto migliori ore del giorno, tutti i giorni, e in queste quattro ore nei caffè e negli sferisteri e sui mercarti succedevano memorabili incontri d'uomini, donne forestiere scendevano dai treni, d'estate il fiume e d'inverno la collina nevosa. Ecco là i tipi che mai niente vedevano e tutto dovevano farsi raccontare, che dovevano chiedere permesso anche per andare a casa a veder morire loro padre o partorire loro moglie. E alla sera uscivano da quelle quattro mura, con un mucchietto di soldi assicurati per la fine del mese, e un pizzico di cenere di quella che era stata la giornata.
(Beppe Fenoglio | La Paga Del Sabato)

PER LUNGO

"Come faremo, Ettore?"
"Faremo. Mamma, perdonami."
"Sì."
"No, dimmelo per lungo."
"Ti perdono."
(Beppe Fenoglio | La Paga Del Sabato)

IO TU

"Io posso dire di tuo padre cosa voglio, tutto quel che mi sento, sono l'unica che può. Tuo padre è tuo padre, è cieco e tu lo incanti come vuoi e per questo non ce l'hai mai con lui. Ma ce l'hai sempre con me perché io non sono stupida, io tu non m'incanti, perché io so quel che vuoi dire prima che tu parli, perché a me non la fai ed è per questo che ce l'hai sempre con me!"
(Beppe Fenoglio | La Paga Del Sabato)

20120422

PARLARE E ASCOLTARE

Erano ossa e basta, ossa dentro una bara, ma le loro ossa erano le sue ossa, e lui andò a mettersi più vicino che poteva a quelle ossa, come se la vicinanza potesse unirlo a loro e ricollegarlo a tutto quello che se n'era andato. Per i novanta minuti successivi quelle ossa furono la cosa che contava di più. [...] Una vola riunito a quelle ossa, non poteva più lasciarle, non poteva non parlare con loro, non poteva che ascoltare quello che dicevano.
(Piliph Roth | Everyman)

VITALITÀ E CONSERVAZIONE

Questo era l'inesorabile trionfio della vitalità di lei sull'istinto di conservazione di lui, una forza, questa, di per sé non trascurabile. Era l'avventura più rischiosa della sua vita, quella, come cominciava solo confusamente a capire, che poteva distruggere ogni cosa. Solo di sfuggita gli sovvenne he poteva essere illusorio pensare, a cinquant'anni, di poter trovare un buco che sostituisse tutto il resto.
(Piliph Roth | Everyman)

MADRE E PADRE

Non era mai stato difficile capire i suoi genitori. Erano stati una madre e un padre. Non avevano molti altri desideri. Ma lo spazio occupato dai loro corpi adesso eera vuoto. La concretezza della loro vita non esisteva più.
(Piliph Roth | Everyman)

VITA E MORTE

Esisteva solo il nostro corpo, venuto al mondo per vivere e morire alle condizioni decise dai corpi vissuti e morti prima di noi. Se si fosse potuto dire che aveva individuato una nicchia filosofica in cui collocarsi, eccola. l'aveva trovata presto e intuitivamete, e per quanto elementare, era tutta lì. Se avesse mai scritto un'autobiografia, l'avrebbe intitolata Vita e morte diun corpo maschile.
(Piliph Roth | Everyman)

20120410

MONDO APERTO

Seduce la discesa
come già l'ascesa.
Non vi è sconfitta che sia fatta solo di sconfitte giacché
il mondo da lei aperto è sempre una terra
prima
insospettata.
(William Carlos Williams | La Discesa)

PIÙ NIENTE

Non so se ho paura della morte,
non so più niente da quando sono arrivata al mare.
(Marguerite Duras | C'est Tout)

QUELLO CHE C'È SEMPRE STATO

Cominciò ad annotare parole e frasi [...] e nello scriverle il polso ballava al ritmo di una poesia bizzarra: uva di mare, i miti della prosperità, ricordo continenti che non ho mai visto, isole perdute, Moby Dick, esiliati perpetui, paese non rima con il mio paese, il sole degli esuli, la mia razza ebbe origine come il mare, le distese al sole, Alexis Saint-Léger Léger, non è tanto un viaggio quanto una discesa, un pellegrinaggio al fondo di se stessi, viuzze di Ponta Delgada, disse Ulisse che di casa sua conosceva ogni rumore, l'alba nei porti, Lord Jim, sentirsi libero sulle isole, potenze oscure della natura umana, ritmo di vele sfibrate, aspirina e Coca-Cola, non potremo mai tornare a Itaca, spume esauste, non è verde Capo Verde, la smania dell'ultimo invidioso, l'estremità della corda, le onde, il cuore delle tenebre, le cabine della morte, quello che c'è sempre stato si ripete mortale nel nuovo che passa rapidissimo.
(Enrique Vila-Matas | Il Viaggio Verticale)

PIÙ O MENO COSCIENTE

"L'incredibile fortuna di questo mito, che attraversa trenta secoli di storia e cultura," sentì dire al professor Silveira, "è dovuta all'eterno sogno dell'uomo di sconfiggere le malattie e la morte e al tempo stesso al timore dell'aldilà. L'uomo non ha mai desiderato un paradiso al di fuori della terra e il cui tipo di beatitudine non sia in grado d'immaginare. È sempre stato convinto, più o meno coscientemente, che il paradiso si possa trovare in questo mondo, qualora fosse possibile vivere in qualche luogo privo degli aspetti tristi e dolorosi dell'esistenza."
(Enrique Vila-Matas | Il Viaggio Verticale)

INQUIETO E SOLITARIO

La mattina successiva, destandosi da un sogno inquieto, Mayol si trovò nel letto mutato in un'isola solitaria.
(Enrique Vila-Matas | Il Viaggio Verticale)

LA COSA GIUSTA

Franz Kafka ha scritto che si sentiva come qualcuno che avesse commesso un errore fondamentale nella vita ma non sapeva quale. Di Mayol, mentre viaggiava in aereo alla volta di Madeira, si sarebbe potuto dire qualcosa, a prima vista, di molto simile ma in realtà alquanto differente: aveva appena fatto la cosa giusta, ma non lo sapeva [...].
(Enrique Vila-Matas | Il Viaggio Verticale)

UNA SEMPLICE SUCCESSIONE

Decise che non gli interessava, alla sua età, diventare il protagonista di nessuna avventura cinematografica e forse la cosa migliore sarebbe stata diventare il personaggio principale di una semplice successione di addii.
(Enrique Vila-Matas | Il Viaggio Verticale)

OFFERTA IMPASSIBILE

Vide passare quel fantasma come se fosse un'enorme allucinazione. Lo vide offrirsi impassibile ai fiotti d'acqua che scendevano dalle grondaie, e lo seguì con lo sguardo fino a quando sparì dietro l'angolo, poco dopo aver fatto saltare a destra e a manca gli schizzi di fango di alcune pozzanghere che [...] si sarebbero trasformate in un solido, ma al tempo stesso limaccioso, strano aricordo dotato di futuro.
(Enrique Vila-Matas | Il Viaggio Verticale)

PESSIMO FINALE

Pensò alla sua vita. Non gli piaceva, non poteva piacergli, sembrava destinata ad un pessimo finale. Si disse che forse la vita autentica è molto spesso quella che non si vive.
(Enrique Vila-Matas | Il Viaggio Verticale)

COVNENIENZA INCESSANTE

Ti conviene, ti conviene, ti conviene viaggiare. La frase martellava la mente di Mayol, ancora un po' bagnato, seduto a un tavolino del bar di calle Balmes, mentre udiva incessantemente che gli conveniva, gli conveniva, gli conveniva viaggiare.
(Enrique Vila-Matas | Il Viaggio Verticale)

20120402

NEMMENO UN PO'

"Io credo che Fernando si innamorò deliberatamente di quel genere d'amore che ci fa soffrire tanto perché lo teniamo segreto e non siamo (e certamente mai lo saremo) corrisposti; il che in fondo è un gran sollievo, perché è terribile essere amati, mi capisci un po', nonna?"
"No, niente" mi dice.
"Per niente?" quasi le grido.
"Sei molto nervosa, Ana Maria."
"Ma mi capisci almeno un po'?"
"No," dice. "Niente."
(Enrique Vila-Matas | Suicidi Esemplari)

IL GRANDE SOSPETTO

Nessuno ottiene niente che non abbia perseguito, ed io ero andata in quel manicomio proprio in cerca della conferma di un grande sospetto: che la solitudine è impossibile, giacché è popolata di fantasmi.
(Enrique Vila-Matas | Suicidi Esemplari)

DOPOTUTTO

Accelero il passo e dopo pochi istanti accuso un notevole calo di forze e mi dico che sto per cadere sull'asfalto. Penso subito che non è proprio il caso, dopotutto sono ancora giovane; il guaio è che mi figuro semnpre sull'orlo di un collasso, perché in maggiore o minor misura tiro avanti sempre stanco, stanco di questa orribile città, stanco del mondo e della stupidità umana, stanco di tanta ingiustizia.
(Enrique Vila-Matas | Suicidi Esemplari)

ANCORA MEGLIO

Sto bene nella mia terra e accanto al mare, dal quale non avrei mai dovuto allontanarmi tanto. [...] Essere vicino al mare, sul mare, per mare. Provo davanti ad esso una sensazione di libertà, probabilmente fallace, o ancora meglio: l'illusione di vivere.
(Enrique Vila-Matas | Suicidi Esemplari)

IN UN ALTRO POSTO

Anatol riappese il ricevitore. Pensò: l'obbligo dell'autore è scomparire. Bevve senza fretta il caffè, osservò che aveva smesso di piovere e poco dopo penetrò nell'oscurità del molo d'Europa. Pensò: ci sono persone che si trovano sempre bene in un altro posto.
(Enrique Vila-Matas | Suicidi Esemplari)

20120331

DI CUORE

E sono steso, con la gamba bendata, legata, rilegata, incatenata, in modo che non posso più neanche muovermi. Sono diventato scheletrico, da far paura. La mia schiena è piena di scorticature da decubito; non dormo neanche un minuto. E qui il caldo è diventato pesantissimo. Il vitto dell'ospedale, benché mi costi caro, è pessimo. Non so che fare.
[...]
Ma non spaventatevi troppo per tutto questo, giorni migliori verranno. Però, che triste ricompensa, a tanto lavoro, a tante privazioni e fatiche! Poveri noi! quant'è miserabile la nostra vita!
Vi saluto di cuore.
(Arthur Rimbaud | Lettere Dall'Africa)

UNO PER CINQUE

Il cibo pessimo, l'abitazione malsana, gli abiti troppo leggeri, le preoccupazioni d'ogni genere, la noia, la rabbia continua in mezzo ai negri non sai se più stupidi o più canaglie, tutto ciò agisce profondamente sul morale e sulla salute, in poco tempo. Qui, un anno ne vale cinque altrove.
(Arthur Rimbaud | Lettere Dall'Africa)

DESOLANTE TRADIMENTO

Per quel che mi riguarda, putroppo, non ho il tempo né di sposarmi, né di guardare gli altri sposarsi. [...] Sto bene, però mi s'imbianca un capello al minuto. Se continua così, temo che fra poco la mia testa diventi una specie di piumino incipriato. È desolante, questo tradimento del cuoio capelluto: ma che farci?
(Arthur Rimbaud | Lettere Dall'Africa)

QUEL PAESE

Mi dispiace di non poter fare un giretto all'Esposizione quest'anno, ma i miei introiti sono lontani dal consentirlo, e del resto qui sono assolutamente solo, e se parto io la mia azienda va a quel paese. Sarà dunque per la prossima; e forse, alla prossima, potrò esporre i prodotti di queste regioni, e forse potrò espormi anch'io, perché credo che si debba aver l'aria piuttosto stramba dopo un lungo soggiorno in posti come questo.
(Arthur Rimbaud | Lettere Dall'Africa)

UNA CATASTA DI COSE

Perché parlate sempre di malattia, di morte, di una catasta di cose sgradevoli? Allontaniamo tutto ciò da noi, e cerchiamo di vivere nel modo più confortevole possibile, nella misura del possibile.
(Arthur Rimbaud | Lettere Dall'Africa)

SINISTRO

In questi giorni sono tormentato da un reumatismo lombare, che mi fa impazzire; ne ho un altro alla coscia sinistra, che ogni tanto mi paralizza, ho un dolore al ginocchio sinistro, un reumatismo (già vecchio) alla spalla destra; ho i capelli assolutamente grigi. Immagino che la mia vita stia andando a rotoli.
Figuratevi come uno deve stare in salute, dopo imprese di questo genere: traversate di mare e viaggi a cavallo, in barca, senza vestiti, senza viveri, senz'acqua, ecc. ecc.
Sono enormemente stanco. Adesso sono disoccupato. Ho paura di perdere il poco che ho. Figuratevi che porto continuamente nella mia cintura sedicimila e rotti franchi d'oro; pesano intorno agli otto chili, e in più mi appioppano la dissenteria.
Eppure non posso tornare in Europa, per tante ragioni; prima di tutto, d'inverno morirei; poi, mi sono troppo abituato alla vita errante e autonoma; infine, non ho una possibilità di lavoro.
Dunque dovrò trascorrere il resto dei miei giorni vagando fra stenti e privazioni, con l'unica prospettiva di morire sulla breccia.
(Arthur Rimbaud | Lettere Dall'Africa)

I NOSTRI SUFFUMIGI

Siamo nei nostri suffumigi primaverili; le pelli grondano, gli stomaci s'inacidiscono, i cervelli si confondono, gli affari sono pestiferi, le notizie pessime.
(Arthur Rimbaud | Lettere Dall'Africa)

LA METÀ DELLA VITA

Non posso darvi un indirizzo per la vostra risposta a questa lettera, perché personalmente ignoro dove potrò essere trascinato fra non molto, e su quali strade, e per dove, e per che cosa, e come!
[...]
Dunque la mia vita è proprio un incubo. Non mettetevi in testa che io me la goda. Al contrario: ho visto da sempre, anzi, che non era possibile vivere più stentatamente di me.
[...]
Perdonatemi se vi racconto così minutamente i miei fastidi. Ma vedo che sto per avere trent'anni (la metà della vita!) e mi sono tanto stancato a girare per il mondo, senza nessun risultato. Voi, almeno non avete di questi brutti sogni; e mi piace rappresentarmi la vostra vita tranquilla, le vostre operazioni quiete. Possano durare così!
(Arthur Rimbaud | Lettere Dall'Africa)

20120324

QUEL CHE SUCCEDE

Accludo due fotografie di me stesso, fatte da me stesso. Sto sempre meglio qui che ad Aden. C'è meno lavoro, e più aria, verde, ecc...
[...]
Isabelle fa male a non sposarsi, se si presenta qualcuno di serio e istruito, qualcuno con un avvenire. Questa è la vita, e la solitudine quaggiù è una gran brutta cosa. Quanto a me, rimpiango di non essere sposato e di non avere una famiglia. Ma adesso io sono condannato a errare, legato a un'impresa lontana, e di giorno in giorno perdo l'inclinazione per il clima e la maniera di vivere e perfino la lingua d'Europa. Putroppo! a che servono tutte queste peregrinazioni, e questi strapazzi e queste avventure presso popoli strani, e queste lingue di cui ci si riempie la memoria, e questi affanni senza nome, se non mi è concesso di potermi riposare un giorno, dopo qualche anno, in un luogo che press'a poco mi piaccia, e trovare una famiglia, e avere almeno un figlio, che per il resto della vita io possa allevare a modo mio, e ornare e armare dell'istruzione più completa che sia possibile raggiungere ai tempi nostri, e vederlo diventare in ingnegnere famoso, un uomo potente e ricco grazie alla scienza? Ma chi può sapere quanto dureranno i miei giorni, tra queste montagne? E posso anche sparire, in mezzo a queste tribù, senza che nessuno ne sappia niente.
Mi parlate delle notizie politiche. Se sapeste quanto mi è indifferente tutto questo! Da più di due anni non ho aperto un giornale. Ormai, queste discussioni mi sono incomprensibili. Come i mussulmani, so che succede quel che succede, ed è tutto.
(Arthur Rimbaud | Lettere Dall'Africa)

NEI PASTICCI

Richiedete poi al Sig. Aubrey, costruttore, cours de Vincennes a Parigi, l'Album delle Segherie agricole e forsetali, che probabilmente mi avete già spedito a Cipro, e che non ho mai ricevuto. Costerà 3 franchi.
Chiedete anche al Sig. Pilter, quai Jemmapes, il suo grande Catalogo illustrato delle Macchine agricole, Franco di porto.
E infine, alla libreria Roret:
Manuale del Carradore,
Manuale del Conciatore,
Il perfetto Magnano, di Berthaut,
Lo sfruttamento delle Miniere, di J.F.Blanc,
Manuale del Vetraio,
Manuale del Mattonaio,
Manuale del Maiolicao, Vasaio, ecc.
Manuale del Fabbricante di candele,
Guida dell'Armaiolo
Guardate il prezzo dei volumi e, se è possibile, li richiederete contro assegno; e al più presto: ho bisogno soprattutto del Conciatore.
[...]
Sarei nei pasticci se tutto questo non mi arrivasse per l'11 dicembre. Dunque arrangiatevi, affichè il tutto sia a Marsiglia il 26 novembre. Aggiungete il Manuale del Telegrafo, il Piccolo Falegname e il Decoratore.
Ho scritto due mesi fa e non ho ancora ricevuto i libri arabi che avevo chiesto. Dovete fare le spedizioni con la Compagnia delle Messaggerie marittime. Del resto, informatevi.
(Arthur Rimbaud | Lettere Dall'Africa)

20120322

WHEN YOU NEED THEM

Animal think they're pretty smart
Shit on the ground, see in the dark

They wander around like a crazy dog
Make a mistake in the parking lot
Always bumping into things
Always let you down down down down

They're never there when you need them
They're never there when you call them
They're never there when you need them
They're never there when you call them down down down down

(Talking Heads | Animals)

20120313

QUELLI CHE SI SIEDONO

¡Amadas sean las orejas sánchez,
amadas las personas que se sientan,
amado el desconocido y su señora,
el prójimo con mangas, cuello y ojos!

¡Amado sea aquel que tiene chinches,
el que lleva zapato roto bajo la lluvia,
el que vela el cadáver de un pan con dos cerillas,
el que se coge un dedo en una puerta,
el que no tiene cumpleaños,
el que perdió su sombra en un incendio,
el animal, el que parece un loro,
el que parece un hombre, el pobre rico,
el puro miserable, el pobre pobre!

(César Vallejo | Traspié Entre Dos Estrellas)

20120306

UN GIORNO ALL'ALBA

È questo il sogno. Che un giorno all'alba ci troviamo a entrare nelle acque di una baia la cui esistenza ignoravamo.
(Olav H.Hauge | Det Er Den Draume)

PIÙ PRECISO

Non puoi essere più preciso?
Boh, le rispondo. Posso essere meno preciso. Di più, no.
(Erlend Loe | Doppler, Vita Con L'Alce)

QUASI SEMPRE

Il problema con gli umani è che non appena occupano uno spazio, sono loro che uno vede e non lo spazio. Vasti paesaggi deserti smettono di essere vasti e deserti se solo contengono una o poche più persone. Sono quelle che detrerminano dove si poserà lo sguardo. E lo sguardo degli umani è quasi sempre diretto verso altri umani. Così si crea l'illusione che sulla terra l'essere umano sia più importante di tutto ciò che non è umano.
(Erlend Loe | Doppler, Vita Con L'Alce)

DI COLPO

È diventato molto più difficile fare le cose e impossibile non fare niente. È stressante non fare niente quando c'é gente sempre tra i piedi. Di colpo devo dare spiegazioni.
(Erlend Loe | Doppler, Vita Con L'Alce)

PROVA VIVENTE

L'ultimo giorno di gennaio mi viene in mente che è ormai praticamente un mese che non scambio parola con un umano. Eppure va che è una meraviglia. Con tutto quello che si può dire agli altri, io non ho detto niente a nessuno. Sono la prova vivente che in fondo non c'è neanche tanto da dire.
(Erlend Loe | Doppler, Vita Con L'Alce)

SOMMO CONCENTRATO

Guardare la TV per me è come sfogliare un'encliclopedia sul perché non mi piace la gente. La tele è il sommo concentrato di tutto quello che c'é in noi di rivoltante. Tutto ciò che già nella realtà è difficile da accettare come carattere specificamente umano, alla tele diventa di un'evidenza mostruosa. La gente sembra idiota. In TV perfino io sembrerei un idiota.
(Erlend Loe | Doppler, Vita Con L'Alce)

TUTTO IL POSSIBILE

Bisognerebbe esortare i giovani a scambiare merci e servizi piuttosto che comprare tutto il possibile. Ne va del futuro della Terra. Perché la Terra non appartiene agli uomoni, sono gli uomini che appartengono alla Terra. [...] E come può uno mettersi a comprare o vendere qualsiasi cosa? Sì, perché chi possiede il tepore dell'aria o il fruscio del vento tra gli alberi? E la linfa nei rami contiene il ricordo di quelli che sono vissuti prima di noi. E il gorgoglio del ruscello ha in sé la voce di mio padre e anche quella del padre di mio padre. Dobbiamo insegnare ai nostri figli che il suolo su cui camminiamo racchiude le ceneri dei nostri antenati, e che tutto quanto accade alla Terra accadrà anche a noi [...]
(Erlend Loe | Doppler, Vita Con L'Alce)

LA STESSA SORTE

Nella buona e nella cattiva sorte, abbiamo dichiarato quando si siamo sposati. Il problema ovviamenete è che la stessa sorte può essere buona per uno e cattiva per l'altra.
(Erlend Loe | Doppler, Vita Con L'Alce)

PER L'ULTIMA VOLTA

Uno c'è e poi non c'è più. Da un giorno all'altro. Di colpo mi è entrato dentro e ho capito che il pensiero deve chinare la testa e darsi per vinto. Tutto quanto si può essere e avere, e poi di colpo tutto quanto non si può essere e non si può avere, perché si è stati e si ha avuto per l'ultima volta. È una costruzione rivoltante. Un'alternativa comprende tutto e l'altra niente.
(Erlend Loe | Doppler, Vita Con L'Alce)

20120305

L'ODORE

Il morto non sente il proprio odore.
(Kossi Komla-Ebri | La Sposa Degli Dei)

PETROLIO IN BOCCA

Lo condannarono a pagare una capra. Briyawo, seppure con l'amaro in bocca, promise di comprare la capra. Chi ha del petrolio in bocca non soffia sul fuoco.

BUON AMICO VS CATTIVO FRATELLO

Anche se la canna dei fratelli si piega, non si rompe, e neanche un buon amico è paragonabile a un cattivo fratello.
(Kossi Komla-Ebri | La Sposa Degli Dei)

SOLO NEGLI OCCHI

Eppure Amavi serbava nel cuore una profonda tristezza che traspariva solo nei suoi occhi: la pantera ha le sue macchie sulla pelle, l'uomo le ha dentro di sé.
(Kossi Komla-Ebri | La Sposa Degli Dei)

DI FATTO

Era convinto che l'intelligenza fosse un frutto che si raccoglie nel giardino del vicino e che è solo viaggiando che si trova la saggezza. Di fatto, il piede che rimane in casa non ci riporta niente.
(Kossi Komla-Ebri | La Sposa Degli Dei)

COME D'USANZA

Dopo la sua morte, come d'usanza al villaggio, si indagò dall'indovino per cercarne la causa: nessuno in Africa muore di morte naturale.
(Kossi Komla-Ebri | La Sposa Degli Dei)

L'UNO PER L'ALTRA

Si sdraiarono sulla stuoia senza dirsi niente, ognuno assorto nei suoi pensieri. Sapevano di non essere d'aiuto l'uno per l'altra. La solitudine a due è cosa più gravosa di quella affrontata da soli.
(Kossi Komla-Ebri | La Sposa Degli Dei)

COME IL TEMPO

Aveva superato ormai quell'età in cui ogni donna è disposta a bere tutto ciò che stuzzica orecchio e vanità. La vita insegna che, come il tempo, il sudore cola in giù e non risale mai alla testa.
(Kossi Komla-Ebri | La Sposa Degli Dei)

MALELINGUE

Le malelingue dicono che è una vittima dei vodù di suo zio, l'hunò Bryawo. Altri sostengono che ha voluto vedere oltre la notte.
(Kossi Komla-Ebri | La Sposa Degli Dei)

20120302

IL MONDO DI LÀ

Perché ho preso ancora la via del mare, e per tante volte?
Non so dirlo.
Forse la mia ricchezza trasformava la vita in un sogno inafferrabile da cui volevo svegliarmi. O forse mi ripetevo: il mondo di là non è tanto in là che tu non lo possa raggiungere attraversando il mare. E qual era poi il vero sogno? Stare a casa o essere in viaggio?
Io passavo dall'una all'altro, e non importava il perché; solo importava il richiamo che mi faceva lasciar casa, e poi mi ci riportava.
(Bernard Noël | Sinbad Il Marinaio)

20120301

MARE

Rivelazione.
Il vecchio albero di melo.
Il mare è vicino.

Il mare è un muro.
Sento i gabbiani gridare —
accennano un saluto.

Il vento di Dio nella schiena.
Il colpo che arriva silenzioso —
un sogno troppo lungo.

Silenzio color cenere.
Passa il gigante azzurro.
Fredda brezza dal mare.

Vento grande e lento
dalla biblioteca del mare.
Qui io posso riposare.

Uomini-uccello.
Alberi di melo in fiore.
Il grande mistero.

(Tomas Tranströmer | Il Grande Mistero; Liriche Haiku)

PIOGGIA

Sento il mormorio della pioggia.
Io sussurro un segreto
per entrarvi dentro.
(Tomas Tranströmer | Il Grande Mistero; Liriche Haiku)

VENTO

Quando giunge l'ora
riposa il vento cieco
contro le facciate.
(Tomas Tranströmer | Il Grande Mistero; Liriche Haiku)

RIVA

Guarda, sto seduto
come una barca sulla riva.
Qui sono felice.
(Tomas Tranströmer | Il Grande Mistero; Liriche Haiku)

MORTE

La morte si china
su di me, un problema scacchistico.
E lo risolve.
(Tomas Tranströmer | Il Grande Mistero; Liriche Haiku)

OMBRA

La renna maschio nella luce solare.
Le mosche cuciono, svelte cuciono
l'ombra sulla terra.
(Tomas Tranströmer | Il Grande Mistero; Liriche Haiku)

ACQUA

Mugola nella nebbia.
Un peschereccio lontano —
trofeo sull'acqua.
(Tomas Tranströmer | Il Grande Mistero; Liriche Haiku)

20120229

UNO STATO DEPLOREVOLE

Le faccende umane si trovano, per unanime consenso, in uno stato deplorevole. Questo peraltro non è una novità. Per quanto indietro si riesca a guardare, esse sono sempre state in uno stato deplorevole. Il pesante fardello di guai e miserie che gli esseri umani devono sopportare, sia come individui che come membri della società organizzata, è sostanzialmente il risultato del modo estremamente improbabile — e oserei dire stupido — in cui la vita fu organizzata fin dai suoi inizi.
(Carlo M. Cipolla | Allegro Ma Non Troppo)

IL CASO STRAORDINARIO

Tralasciando il caso straordinario della Scandinavia, si può affermare con assoluta certezza che l'Europa del Medioevo era dominio incontrastato dell'uomo.
(Carlo M. Cipolla | Allegro Ma Non Troppo)

MAL DI MARE

Ai tempi di Pietro, tuttavia, il Mediterraneo era quasi completamente in mano ai pirarti musulmani. Pietro e i suoi seguaci cercavano lo scontro, ma non in alto mare. I baroni erano prodi in battaglia quando in sella ad un cavallo, ma non quando in preda al mal di mare. Quando si soffre di mal di mare, l'ultima cosa che si può desiderare è quella di imbattersi in un pirata musulmano.
(Carlo M. Cipolla | Allegro Ma Non Troppo)

20120227

LE SPALLE AL VENTO

Il ghiaccio cominciò ad animarsi. Le lastre presero a scontrarsi rabbiosamente una contro l'altra e l'acqua salata si mise a lambire gli stivali di cuoio grasso di Anton. La brezza si trasformò in vento e il vento in burrasca. E il ghiaccio cominciò a compattarsi. Intorno ad Anton era tutto un crepitare, un rombare e uno stridere. I lasatroni si accavallavano gli uni sugli altri, urtandosi e spezzandosi e lottando per farsi spazio. Anton scivolava e cadeva, si rialzava e ricadeva di nuovo. Ma non si pentì nemmeno per un istante di aver rimandato il viaggio in Danimarca. Rideva e si felicitava con se stesso per quell'esperienza straordinaria. Ora avrebbe avuto la competenza necessaria per descrivere il ghiaccio che si ammassava e i rombi e gli schianti senza inventare né omettere nulla. Voltò le spalle al vento, e le raffiche gli sembrarono delle pacche d'incoraggiamento sulla schiena. Così, pensò Anton, è la natura quando ce n'è davvero tanta.
(Jørn Riel | Una Storia Marittima)

POESIE E ALTRE MERAVIGLIE

La nebbia s'infittì, ma la cosa non preoccupò Anton, che sapeva che una nebbia ghiacciata di quel tipo poteva durare per giorni. Procedeva di buon passo come gli suggeriva l'istinto, cioé diritto verso sud, quando sarebbe dovuto andare a ovest. Perché il senso d'orientamento non era il forte di Anton. [...] Quando un uomo aveva la testa piena di poesie e altre meraviglie, non si poteva pretendere che tenesse dentro anche i quattro punti cardinali.
(Jørn Riel | Una Storia Marittima)

IL PRIMO E L'ULTIMO

Così Anton si imbarcò sulla Veslemari, che era il primo collegamento dell'anno con il mondo esterno e, si sperava, anche l'ultimo.
(Jørn Riel | Una Storia Marittima)

UNA FORTUNA

Hansen si arrotolava i baffi pensieroso. Non riusciva a vederci tanto chiaro nella teoria fumosa di Valfred, per cui si accontentò di mormorare tra i denti:
"È possibile, Valfred, e neanche del tutto impossibile."
Con un sorriso soddisfatto Valfred si abbandonò sulla pelle di bue muschiato, posando il capo sul sacco della slitta. Era una fortuna avere un compagno come Hansen, pensò, un uomo abbastanza largo da dar spazio anche alle opinioni diverse dalle sue.
(Jørn Riel | Una Storia Marittima)

LA FINE DEL MONDO

Questi giovani lemming sentono arrivare la fine del mondo, non appena vedono la poppa della nave scomparire tra i ghiacci. Perché è in quel momento che tutti i legami con il mondo di casa sono spezzati. E all'improvviso le montagne diventano il doppio più alte, e l'acqua del fiordo nera e malefica [...].
(Jørn Riel | Una Storia Marittima)

20120221

L'IMMAGINE DI LUI

Dovetti misurarmi con l'immagine di lui, in tutta la sua paternità [...].
(Keith Gessen | Tutti Gli Intellettuali Giovani E Tristi)

ANCHE ADESSO

"Mufka," proseguì. "Sono triste."
"Lo so, Sushok. Sono triste anch'io."
[...]
"Oddio, Mufka," disse lei, scoppiando improvvisamente a piangere. "Ma perché è andata così?"
"Non potevamo fare altro, Sushok" disse Mark. "Eravamo tristi."
"Ma siamo tristi anche adesso."
(Keith Gessen | Tutti Gli Intellettuali Giovani E Tristi)

UNICHE ESPORTAZIONI

Mark era una persona egoista, che assorbiva costantemente informazioni, e a volte alcol, nonché cibo, ma raramente restituiva qualcosa in cambio: le sue uniche esportazioni erano le teorie e il sudore.
(Keith Gessen | Tutti Gli Intellettuali Giovani E Tristi)

PROPRIO DOV'ERA

Ci volevano le palle per fare quello che aveva fatto, perché se avesse fallito – e aveva fallito – si sarebbe ritrovato proprio dov'era in quel momento.
(Keith Gessen | Tutti Gli Intellettuali Giovani E Tristi)

UNA CERTA ETÀ

Stava raggiungendo una certa erà, pensava. Era l'età in cui i capolavori che non avrebbe mai scritto cominciavano a pesare più dei capolavori che ancora doveva scrivere.
(Keith Gessen | Tutti Gli Intellettuali Giovani E Tristi)

ABBASTANZA

[...] si erano lasciati scivolare in uno spazio alterato che permetteva loro, di tanto in tanto, di avvicinarsi abbastanza da sfiorarsi le labbra, intrecciare le mani e farsi calare addosso una tenerezza che procurava una piacevole euforia; per poi allontanarsi poco dopo, con la sfera dell'interiorità quasi intatta.
(Keith Gessen | Tutti Gli Intellettuali Giovani E Tristi)

ABBASTANZA?

Leggevano, ascoltavano, scrivevano e discutevano. Dove sarebbero andati a finire? Erano abbastanza in gamba, abbastanza forti, abbastanza intelligenti? Erano abbastanza tosti, abbastanza cattivi, credevano abbastanza in se stessi, e sarebbero rimasti uniti nel momento del bisogno, avrebbero detto la verità a prescindere dalle conseguenze?
(Keith Gessen | Tutti Gli Intellettuali Giovani E Tristi)

20120203

TALENTO NATURALE

E furono concordi nel dire che era come non andare da nessuna parte. Alcuni di noi, però, pur non andando da nessuna parte, ingannano se stessi, convincendosi invece che stanno andando da qualche parte: per ingannarsi a questo modo ci vuole una specie di talento naturale, e le obiezioni che si levano a questo riguardo sono rare, ma ciò nonostante insidiose.
Quella sera tra tutti e due giunsero perlomeno a una conclusione, ovvero che il mondo era un gran casino.
(Thomas Pynchon | V.)

LA COMUNIONE PIÙ ASSOLUTA

Il turismo è dunque soprannazionale, come la Chiesa cattolica, ed è forse la comunione più assoluta che conosciamo sulla terra. Poiché chiunque siano i suoi membri, americani, tedeschi, italiani, non importa, la Torre Eiffel, le Piramidi e il Campanile di Giotto suscitano in loro la medesima reazione. La loro Bibbia è scritta a chiare lettere e non ammette interpretazioni personali. I turisti hanno in comune gli stessi paesaggi, soffrono degli stessi incomodi; vivono secondo la stessa limpida scala temporale. Sono i figli della Strada.
(Thomas Pynchon | V.)

MENO UMANI

"La decadenza implica una caduta, un allontanamento. Noi invece avanziamo."
"La decadenza" lo interruppe Itague "è un allontanarsi da ciò che è umano, e più ci allontaniamo, meno umani diventiamo. Poiché siamo meno umani, attribuiamo erroneamente l'umanità che abbiamo perso agli oggetti inanimati e alle teorie astratte."
(Thomas Pynchon | V.)

PERA

Profane se ne rimase lì, a forma di pera, le borse sotto gli occhi, disperato.
(Thomas Pynchon | V.)

C'È SEMPRE TEMPO

Rachel si spostò per fargli posto nel letto, colta da qualche inevitabile ripensamento. "È meglio non parlare di amore" disse rivolta al muro. "È sempre pericoloso. Bisogna ingannarsi un po' a vicenda, Profane. Perché non dormiamo, adesso?"
No, non poteva lasciar perdere. "Voglio solo avvertirti, ecco tutto. Io non amo niente e nessuno, neppure te. E se per caso ti dico che ti amo – e lo farò di sicuro – sarà solo una bugia. Perfino quello che sto dicendo adesso è una mezza commedia per avere la tua compassione." [...]
"Non se ne può riparlare più tardi?" chiese lei debolmente. " C'è sempre tempo per le lacrime, per le crisi d'amore. Non adesso, caro. Cerca solo di dormire."
(Thomas Pynchon | V.)

IN UN MODO DIVERSO

Avevamo persino paura di voltarci a guardare le nostre ombre, temendo di vederle muoversi in un modo diverso dal nostro, che si infilassero in un condotto o in una delle fenditure della terra.
(Thomas Pynchon | V.)

PICCOLI INCIDENTI

Perdere la fede è una faccenda complicata che richiede tempo. Non ci sono 'epifanie' o momenti della verità. Richiede troppa ponderazione, troppa concentrazione nelle fasi successive, le quali a loro volta arrivano attraverso un accumularsi di piccoli incidenti: i casi di ingiustizia generale, le sventure che colpiscono le persone pie, le preghiere rimaste inascoltate.
(Thomas Pynchon | V.)

L'ENNESIMO GRANDE INCIDENTE

I loro figli sembrano arrivare per caso, una configurazione casuale di eventi. Le madri serrano le file e perpetuano un mistero immaginario sulla maternità. È solo un modo di compensare la loro incapacità di vivere sopportando il peso della verità. La verità è che non capiscono quello che succede dentro di loro; si tratta di un corpo alieno che cerse meccanicamente dentro di loro, il quale a un certo punto acquista un'anima. Sono invasate. Oppure: le stesse forze che regolano la traettoria della bomba, la morte delle stelle, il vento e la tromba marina si sono concentrate da qualche parte dentro la zona pelvica senza il loro assenso, generando l'ennesimo grande incidente. Questa cosa le spaventa a morte. Spaventerebbe chiunque.
(Thomas Pynchon | V.)

SPAZIO APERTO

È come se avessimo trovato tutti quanti un rifugio e un lavoro in un Purgatorio senza tempo. Forse questo è dovuto solo al fatto di vivere su un'isola. Con un altro tipo di nervi, probabilmente si riuscirebbe ad avere una dimensione, un raggio vettore che punta deciso verso il lembo estremo di una qualche terra, di una penisola. Ma qui, senza uno spazio aperto dove andare che non sia il mare, si riesce a vedere solo la freccia e la barba che misurano la direzione della nostra arroganza, secondo cui ci si può spostare anche nel tempo.
(Thomas Pynchon | V.)

COLPA NOSTRA

Sfortunatamente, bastano una scrivania e il necessario per scrivere per trasformare una stanza qualsiasi in un confessionale. Questo forse non ha nulla a che vedere con le nostre azioni e con i nostri mutevoli umori. Può darsi che la forma della stanza – un cubo – non abbia di per sé alcun potere di persuasione. La stanza si limita a 'essere'. Occuparla, voler trovarsi una metafora per la memoria, è colpa nostra.
(Thomas Pynchon | V.)

LA NOIA DELLA VITA MILITARE

Di solito, quando si uccideva qualcuno, l'unica cosa che si provava era un senso di fastidio, lo stesso fastidio che può essere causato da un insetto che c'è ronzato attorno per troppo tempo. Bisogna distruggerlo, e lo sforzo fisico che richiede un atto simile, la sua banalità, la consapevolezza che è solo un'unità in una serie apparentememnte infinita, che ucciderne uno non basterà, non ci esimerà dal doverne uccidere altri domani, e poi dopodomani, e così via... la futilità di quell'atto è talmente irritante che si finisce col portare in ogni nostra altra azione un po' di quella crudeltà provocata dalla noia della vita militare, la quale, come tutti i soldati di cavalleria ben sanno, è davvero micidiale.
(Thomas Pynchon | V.)

QUALCHE SOVERCHIA ILLUSIONE

"Mi sembra" riuscì infine a dire, strascicando le parole "che lei si stia facendo qualche soverchia illusione sugli impiegati statali. La storia, come dice il proverbio, si fa di notte. Gli impiegati statali europei la notte di solito dormono. Per loro la storia è quello che li aspetta al mattino alle nove, nella posta da smaltire. Non si oppongono alla storia, ma cercano di coesistere con lei [...]"
(Thomas Pynchon | V.)

L'UNICO MOTIVO

Nel viale centrale della sua mente, l'essere ricchi e il poter scopare andavano a braccetto. Fosse stato uno che si divertiva a elaborare delle teorie storiche, avrebbe potuto concludere che alla base di tutti gli eventi politici – guerre, governi, rivolte – c'è il desiderio di scopare; poiché la storia si dipana secondo le forze economiche e l'unico motivo per cui si vuole diventare ricchi è quello di poter scopare regolarmente, con chiunque si desideri. [...] chiunque lavorava per guadagnare soldi inanimati, per poi potersi comprare oggetti anch'essi inanimati, doveva essere fuori di testa. I soldi inanimati servivano a procurarsi calore animato: le unghie morte che affondavano nelle scapole vive, i gemiti di piacere contro il cuscino, i capelli arruffati, le palpebre socchiuse, le reni che si contorcevano...
Solo a pensarci era riuscito a farsi venire un'erezione.
(Thomas Pynchon | V.)

CONVENTICOLA

I caffè italiani (bisognava ammetterlo) andavano bene per il pomeriggio, quando la città oziava in contemplazione dei suoi tesori d'arte. Però le ore dopo il tramonto richiedevano una festosità, una chiassosità che i caffè italiani con la loro atmosfera placida – forse persino un po' da conventicola – non non fornivano.
(Thomas Pynchon | V.)

TUTTA LA LUCE

Cercò di comunicarglielo con lo sguardo, ma chi poteva dire che cosa avvenisse in quegli occhi? Sembravano assorbire tutta la luce della strada [...].
(Thomas Pynchon | V.)

TANTE BELLE CASELLINE

Anche Profane era entrato in questo schema mentale che [...] gli imponeva uno strano calendario, un calendario che non era affatto diviso in tante belle caselline, ma era piuttosto una specie di mosaico, fatto di superfici stradali inclinate che cambiavano posizione secondo della luce del sole, la luce dei lampioni, la luce della luna, la luce delle stelle...
(Thomas Pynchon | V.)

UNICA FUNZIONE

Lavorare nei cantieri stradali non era certo servito a migliorare il suo aspetto esteriore, e neppure quello interiore, del resto. Anche se la strada aveva reclamato una grossa fetta della sua vita, lui e la strada erano rimasti due perfetti estranei sotto ogni punto di vista. [...] non aveva neppure imparato a guidare la macchina. Andava a piedi. A volte aveva l'impressione di camminare lungo scansie di un gigantesco supermercato tutto illuminato, e che la sua unica funzione lì dentro fosse quella di volere e basta.
(Thomas Pynchon | V.)

20120127

UNICAMENTE

Sua unica consolazione sarebbe stato l'oblio, il grado zero dell'organizzazione.
(Ian McEwan | Solar)

SEMPLICEMENTE

E ora che si apprestava d affrontare gli ultimi stadi attivi dell'esistenza, Beard cominciava a rendersi conto di come, fatta eccezione per gli incidenti, la vita non cambiasse mai. Lo avevano ingannato. Aveva sempre creduto che un giorno o l'altro sarebbe sopraggiunta la maturità, una sorta di punto fermo a partire dal quale avrebbe imparato a gestirsi, a esitere, semplicemente. [...] In tutti quegli anni invece, quell'approdo, quel placido punto fermo, non era mai arrivato, eppure Beard aveva continuato a presumere, senza stare a rifletterci, che si trovasse appena dietro l'angolo, che bastasse un po' di buona volontà e avrebbe raggiunto il momento preciso in cui la sua vita gli sarebbe apparsa limpida, la sua mente libera, e finalmente avrebbe potuto dare inizio alla propria esistenza di uomo adulto.
(Ian McEwan | Solar)

MISERAMENTE

L'imperfezione umana era sconfinata. Bastava prendere in esame alcuni difetti tipici. Colonne vertebrali a S tendenti a deformarsi, respirazione e deglutizione incautamente programmate per utilizzare un unico canale di passaggio, prossimità infetta di genitali e apparato escretivo, lo strazio assoluto del parto, testicoli ingombranti e vulnerabili, diffusa debolezza della vista, un sistema immunitario capace di distruggere il proprio ospite. Tra tutti i fanatici principî a sostegno dell'esistenza di Dio, quello del progetto franava miseramente, di fronte all'Homo sapiens. Nessun dio degno di questo nome si sarebbe rivelato tanto sbadato al banco di lavoro.
(Ian McEwan | Solar)

FONDAMENTALMENTE

Era autosufficiente, concentrato su di sé, aveva la testa piena di appetiti e fantasticherie. Come molti uomini intelligenti innamorati dell'oggettività, era in fondo un solipsista e custodiva in cuore una pepita di ghiaccio [...]
(Ian McEwan | Solar)

20120120

DESCO

"Non saprei", dice la donna. "Ma da noi le regole sull'amore sono imposte o da maschi evirati, o da vecchi impotenti che hanno vissuto nelle grotte mangiando radici. Qualche volta anche da scapoli pervertiti che girano in gonnella, e c'è chi dice che sotto portino mutande da donna. Difficilmente una donna rispettabile avrebbe gradito avere al proprio desco uno dei Padri della Chiesa."
(Halldór Laxness | Sotto Il Ghiacciaio)

TIPICO

La filosofia e la teologia non hanno effetto su di lui, e ancor meno il buon senso. PErsuadere quest'uomo con la logica è impossibile. In compenso apprezza sempre le battute di spirito, anche quando sono di cattivo gusto. Un tipico Islandese, chissà.
(Halldór Laxness | Sotto Il Ghiacciaio)

FACTOTUM

"Comincio ad aver voglia di primavera con mesi d'anticipo, appena il primo gabbiamo vola sopra l'entroterra. In estate cresce questo fiorellino che muore. Con l'autunno comincio ad aver voglia dell'inverno, quando tutto tace tranne i marosi, e quando le serrature arruginite, le pentole inservibili e i coltelli spuntati si ammucchiano intorno al factotum del villaggio."
(Halldór Laxness | Sotto Il Ghiacciaio)

TEMPO

Il reverendo Jón ritiene che la cosa che tutti concordiamo nel definire sovrannaturale è il tempo. Perlomeno non è energia né materia. E neppure una dimensione (spazio); men che meno una funzione; eppure è l'inizio e la fine della creazione del mondo.
(Halldór Laxness | Sotto Il Ghiacciaio)

SENZA PADRONE

"Una volta avevo un cane che aveva vagato senza padrone tanto tempo da dimenticare come si chiamava. Non rispondeva quando lo chiamavo. Quando abbaiavo, invece, veniva da me, certo, ma non mi riconosceva. Io sono un po' come quel cane."
(Halldór Laxness | Sotto Il Ghiacciaio)

FAVOLA

"Quando ho scoperto che la storia è una favola, è anche brutta, mi sono messo a cercare una favola un po'migliore, e ho trovato la teologia."
(Halldór Laxness | Sotto Il Ghiacciaio)

BELLEZZA

Per la verità il ghiacciaio è uno spettacolo troppo semplice per poterne parlare in termini di bellezza, parola di cui nessuno conosce il significato, e a cui ognuno dà una definizione diversa; una di quelle parole che per prudenza è meglio non usare, né per un ghiacciaio, né per altre cose.
(Halldór Laxness | Sotto Il Ghiacciaio)

NOMEA

Gli islandesi sono gente poco ospitale nelle saghe antiche, e questa nomea è dura a morire, sebbene le cose siano migliorate molto dopo la scoperta del caffè.
(Halldór Laxness | Sotto Il Ghiacciaio)

LINGUA MADRE

Ecco quella che si dice una lingua madre. Pensa alla lingua fisica di tua madre. Pensa ai baci di tuo padre su quella lingua e a come quei baci precedono la tua venuta al mondo.
(Salvatore Scibona | La Fine)

METALLICA

La materialità metallica, scintillante, di quegli strumenti — un contegno fatto di autorità e maestria antiche — la loro mancanza di giunture, era nauseante.
(Salvatore Scibona | La Fine)

IL CUORE DEL GIOCO

La chiarezza era fuori gioco. L'utilità era fuori gioco [...]. Le affermazioni erano fuori gioco. Le domande erano in gioco. Confusione e paura. Il congiuntivo e il condizionale erano di sicuro in gioco. Erano il cuore pulsante del gioco.
(Salvatore Scibona | La Fine)

PERIODO IPOTETICO

Il mondo dei bambini è separato da quello degli adulti da una membrana invisibile. Il mondo dei bambini è ipotetico, quello degli adulti è concreto. Il mondo dei bambini è solo un'immagine. È privo dei meccanismi reali che fanno funzionare il mondo reale. Non sei obbligato a possedere denaro. Nessuno ti manderebbe in galera. Il tuo lavoro è andare a scuola. Non produci niente di concreto. Produci i test di fine semestre, il grafico di un'iperbole, tutte finzioni. Di qui la felicità di alcuni momenti passati a lavorare alla fattoria, in cui sentiva la gratificante tensione di una fatica autenticamente necessaria.
(Salvatore Scibona | La Fine)

RADICI PROFONDE

Sentiva di dover pulire casa, ma gli mancava il talento. [...] la trasandatezza nella vita casalinga è come il disprezzo tra i coniugi, mette radici profonde molto tempo prima di germogliare.
(Salvatore Scibona | La Fine)

MATERIA DIVERSA

E comunque, doveva essere nella natura di un artista considerare l'opera compiuta un fallimento, in quanto la sua idea originale guardava con amore alla prospettiva della propria realizzazione, senza ammettere che quella prospettiva era a sua volta solo un'idea che l'opera compiuta, composta di materia diversa, aveava dovuto consumare per arrivare a esistere. La delusione era il risultato del tentativo di un'idea di accoppiarsi con il mondo visibile.
(Salvatore Scibona | La Fine)

SUL DORSO

La sua mente non era un'aula di tribunale in cui una calca di avvocati faceva a gara per dirigere e ostacolare la sua volontà; era una foresta, e nel profondo, da sola, nella frescura di uno stagno, il suo io nuotava libero sul dorso e studiava l'intricata volta di pensiero sovrastante.
(Salvatore Scibona | La Fine)

PREDATORE ASSONNATO

Durante il suo matrimonio, assumeva nelle occasioni sociali un'espressione di regale indifferenza, la faccia di un predatore assonnato. In realtà, si imbarazzava e così lasciava parlare gli uomini, salvo congratularsi con se stesa per quanto la annoiavano. Era insensibile di fronte al dolore altrui e non piangeva a teatro né ai funerali. Non compativa i poveri, gli storpi o suo marito Nico, che cominciava il suo declino. "Sei fredda, fredda, fredda" le diceva. E forse era vero. Gli credeva sulla parola. Non poteva certo sentire l'assenza di qualcosa che non aveva mai davvero conosciuto.
(Salvatore Scibona | La Fine)

COME COMPLICARE LE COSE

In passato la consapevoleza aveva sabotatao i suoi sforzi di riforma con tale costanza che non si dava neenche più la pena di incolparla. Non poteva fare altrimenti. La chirurgia imponeva che il chirurgo fosse sveglio e il paziente anestetizzato; poiché operava sulla propria mente, lei non faceva altro che svegliarsi a metà del processo e complicare le cose.
(Salvatore Scibona | La Fine)

LE PICCOLE COSE

Ogni schizzo, ogni spruzzo d'acqua scelto a caso e seguito nel mezzo della nuvola che gli stava sotto, non dava l'impressione di cadere (giacché cosa mai avrebbe potuto impiegare tanto tempo a cadere?) ma di scendere galleggiando a proprio piacimento giù per la facciata del muro d'acqua. [...] E già ai piaedi delle cascate le nuvole erano così dense che gli impedivano di vedere dove l'acqua andava a scontrarsi con il fiume, dandogli l'impressione che non stesse affatto precipitando verso il fiume ma dentro una voragine colma di nebbia, in cui veniva ingoiata e annullata. Non ci si poteeva affidare solo ai sensi in questo luogo. Fu costretto a chiedersi se le immutabili leggi della fisica che governano le piccole cose subissero un radicale cambiamento di fronte a un fenomeno di quelle proporzioni. Come se un giornale gettato nel fiume quassù potesse trasformarsi in un fenicottero prima di arrivare in fondo alle cascate.
(Salvatore Scibona | La Fine)

IO PRIVATO

Chi era l'uomo che era diventato quando era emersso dalla solitudine per entare nella compagnia degli altri? Il corridoio odorava di naftalina ed era scuro, e lui sentì il suo io privato che si ritirava mentre si avvicinava al chiacchiariccio ddella cucina.
(Salvatore Scibona | La Fine)

GOCCIA

Tardo pomeriggio. Quattordico agosto. Ieri. Diciassette anni senza la sua sposa. I giorni della canicola. I giorni in cui la stella del Cane Minore sorge insieme al sole. Cercava di schiacciare un pisolino sul letto a scomparsa con addosso solo i pantaloni da lavoro. Fedeli e giusti sono i giudizi del Signore. Goccia, diceva il ghiaccio nella ghiacciaia sopra la bacinella.
(Salvatore Scibona | La Fine)