20110720

FURORE LOCOMOTORIO

"Il signore dove va?" domandò il cocchiere.
"Dove volete!" disse Léon spingendo Emma nella carrozza.
E la pesante macchina si mise in moto.
Scese via dal Ponte Grande, attraverso piazza delle Arti, il lungofiome Napoleone, il Ponte Nuovo e si fermò di colpo davanti alla statua di Pierre Corneille.
"Continuate!" fece una voce dall'interno.
La carrozza ripartì, e, dopo il crocicchio La Fayette, abbandonandosi alla discesa, entrò a gran galoppo nella stazione ferroviaria.
"No, dritto!" gridò la stessa voce.
La carrozza uscì dai cancelli, e ben presto, arrivata sul corso, trottò dolcemente in mezzo ai grandi olmi. Il cocchiere s'asciugò la frone, si cacciò tra le gambe il berretto di cuoio e spinse la vettura fuori dai controviali, in riva all'acqua, presso l'erba.
Essa andò costeggiando il fiume, sulla strada alzaia lastricata di ciottoli a secco, e avanti a lungo, dalla parte di Oyssel, al di là delle isole.
Ma d'improviso si slanciò in un balzo per Quatremares, Sotteville, via Maggiore, via d'Elbeuf, e si fermò per la tarza volta dinanzi all'Orto Botanico.
"Avanti dunque!" gridò la voce più furiosamente.
E subito, riprendendo la corsa, passò per San Severo, per il lungofiume dei Curandiers, per il lungofiume delle Mole, di nuovo per il ponte, per piazza Campo di Marte, e dietro i giardini dell'ospizio, dove dei vecchi in abiti neri passeggiavano al sole, lungo una terrazza tutta verde di edera. Risalì il viale Bouvreuil, percorse il viale Cauchoise, poi tutto il Monte Riboudet fino alla costa di Deville.
Tornò indietro, e allora, senza un partito preso né una direzione, vagabondò. Fu vista a Saint-Pol, a Lescure, al Monte Gargan, alla Rouge-Mare e in piazza Gaillard-bois, in via Maladrerie, in via Dinaderie, davanti a San Romano, a San Viviano, a San Maclou, a San Nicasio - davanti alla Dogana -, alla Vecchia Torre Bassa, alle Tre Pipe e al Cimitero Monumentale. Di tanto in tanto il cocchiere, dall'alto della cassetta, gettava alle bettole sguardi disperati: non capiva quale furore locomotorio inducesse quegli individui a non volersi fermare. A volte ci provava, e subito udiva dietro a sé alzarsi esclamazioni di collera. Allora frustava a piena forza le due rozze tutte in sudore, ma senza badare agli scossoni, urtando ora qui ora là, sbadatamente, demoralizzato, e quasi piangente di sete, di stanchezza e di tristezza.
E sul porto, fra i carri e le botti, e nelle strade, sulle cantonate, i cittadini sbarravano larghi occhi trasecolati davanti a quella cosa tanto straordinaria in provincia, una carrozza con le cortine tirate, e che compariva così di continuo, più chiusa d'una tomba e sballottata come un vascello.
Una volta, nel pieno pomeriggio, in aperta campagna, nel momento in cui il sole picchiava più forte contro i vecchi fanali argentati, una mano nuda s'infilò di sotto alle tendine di tela gialla e gettò dei frammenti di carta che si dispersero al vento e ricaddero più lontano, come farfalle bianche, su un campo di trifoglio rosso tutto in fiore.
Poi verso le sei, la carrozza si fermò in un vicolo del quartiere Beauvoisine, e una donna ne scese, che camminava col velo abbassato, senza voltare il capo.
(Gustave Flaubert | La Signora Bovary)

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