20120229

UNO STATO DEPLOREVOLE

Le faccende umane si trovano, per unanime consenso, in uno stato deplorevole. Questo peraltro non è una novità. Per quanto indietro si riesca a guardare, esse sono sempre state in uno stato deplorevole. Il pesante fardello di guai e miserie che gli esseri umani devono sopportare, sia come individui che come membri della società organizzata, è sostanzialmente il risultato del modo estremamente improbabile — e oserei dire stupido — in cui la vita fu organizzata fin dai suoi inizi.
(Carlo M. Cipolla | Allegro Ma Non Troppo)

IL CASO STRAORDINARIO

Tralasciando il caso straordinario della Scandinavia, si può affermare con assoluta certezza che l'Europa del Medioevo era dominio incontrastato dell'uomo.
(Carlo M. Cipolla | Allegro Ma Non Troppo)

MAL DI MARE

Ai tempi di Pietro, tuttavia, il Mediterraneo era quasi completamente in mano ai pirarti musulmani. Pietro e i suoi seguaci cercavano lo scontro, ma non in alto mare. I baroni erano prodi in battaglia quando in sella ad un cavallo, ma non quando in preda al mal di mare. Quando si soffre di mal di mare, l'ultima cosa che si può desiderare è quella di imbattersi in un pirata musulmano.
(Carlo M. Cipolla | Allegro Ma Non Troppo)

20120227

LE SPALLE AL VENTO

Il ghiaccio cominciò ad animarsi. Le lastre presero a scontrarsi rabbiosamente una contro l'altra e l'acqua salata si mise a lambire gli stivali di cuoio grasso di Anton. La brezza si trasformò in vento e il vento in burrasca. E il ghiaccio cominciò a compattarsi. Intorno ad Anton era tutto un crepitare, un rombare e uno stridere. I lasatroni si accavallavano gli uni sugli altri, urtandosi e spezzandosi e lottando per farsi spazio. Anton scivolava e cadeva, si rialzava e ricadeva di nuovo. Ma non si pentì nemmeno per un istante di aver rimandato il viaggio in Danimarca. Rideva e si felicitava con se stesso per quell'esperienza straordinaria. Ora avrebbe avuto la competenza necessaria per descrivere il ghiaccio che si ammassava e i rombi e gli schianti senza inventare né omettere nulla. Voltò le spalle al vento, e le raffiche gli sembrarono delle pacche d'incoraggiamento sulla schiena. Così, pensò Anton, è la natura quando ce n'è davvero tanta.
(Jørn Riel | Una Storia Marittima)

POESIE E ALTRE MERAVIGLIE

La nebbia s'infittì, ma la cosa non preoccupò Anton, che sapeva che una nebbia ghiacciata di quel tipo poteva durare per giorni. Procedeva di buon passo come gli suggeriva l'istinto, cioé diritto verso sud, quando sarebbe dovuto andare a ovest. Perché il senso d'orientamento non era il forte di Anton. [...] Quando un uomo aveva la testa piena di poesie e altre meraviglie, non si poteva pretendere che tenesse dentro anche i quattro punti cardinali.
(Jørn Riel | Una Storia Marittima)

IL PRIMO E L'ULTIMO

Così Anton si imbarcò sulla Veslemari, che era il primo collegamento dell'anno con il mondo esterno e, si sperava, anche l'ultimo.
(Jørn Riel | Una Storia Marittima)

UNA FORTUNA

Hansen si arrotolava i baffi pensieroso. Non riusciva a vederci tanto chiaro nella teoria fumosa di Valfred, per cui si accontentò di mormorare tra i denti:
"È possibile, Valfred, e neanche del tutto impossibile."
Con un sorriso soddisfatto Valfred si abbandonò sulla pelle di bue muschiato, posando il capo sul sacco della slitta. Era una fortuna avere un compagno come Hansen, pensò, un uomo abbastanza largo da dar spazio anche alle opinioni diverse dalle sue.
(Jørn Riel | Una Storia Marittima)

LA FINE DEL MONDO

Questi giovani lemming sentono arrivare la fine del mondo, non appena vedono la poppa della nave scomparire tra i ghiacci. Perché è in quel momento che tutti i legami con il mondo di casa sono spezzati. E all'improvviso le montagne diventano il doppio più alte, e l'acqua del fiordo nera e malefica [...].
(Jørn Riel | Una Storia Marittima)

20120221

L'IMMAGINE DI LUI

Dovetti misurarmi con l'immagine di lui, in tutta la sua paternità [...].
(Keith Gessen | Tutti Gli Intellettuali Giovani E Tristi)

ANCHE ADESSO

"Mufka," proseguì. "Sono triste."
"Lo so, Sushok. Sono triste anch'io."
[...]
"Oddio, Mufka," disse lei, scoppiando improvvisamente a piangere. "Ma perché è andata così?"
"Non potevamo fare altro, Sushok" disse Mark. "Eravamo tristi."
"Ma siamo tristi anche adesso."
(Keith Gessen | Tutti Gli Intellettuali Giovani E Tristi)

UNICHE ESPORTAZIONI

Mark era una persona egoista, che assorbiva costantemente informazioni, e a volte alcol, nonché cibo, ma raramente restituiva qualcosa in cambio: le sue uniche esportazioni erano le teorie e il sudore.
(Keith Gessen | Tutti Gli Intellettuali Giovani E Tristi)

PROPRIO DOV'ERA

Ci volevano le palle per fare quello che aveva fatto, perché se avesse fallito – e aveva fallito – si sarebbe ritrovato proprio dov'era in quel momento.
(Keith Gessen | Tutti Gli Intellettuali Giovani E Tristi)

UNA CERTA ETÀ

Stava raggiungendo una certa erà, pensava. Era l'età in cui i capolavori che non avrebbe mai scritto cominciavano a pesare più dei capolavori che ancora doveva scrivere.
(Keith Gessen | Tutti Gli Intellettuali Giovani E Tristi)

ABBASTANZA

[...] si erano lasciati scivolare in uno spazio alterato che permetteva loro, di tanto in tanto, di avvicinarsi abbastanza da sfiorarsi le labbra, intrecciare le mani e farsi calare addosso una tenerezza che procurava una piacevole euforia; per poi allontanarsi poco dopo, con la sfera dell'interiorità quasi intatta.
(Keith Gessen | Tutti Gli Intellettuali Giovani E Tristi)

ABBASTANZA?

Leggevano, ascoltavano, scrivevano e discutevano. Dove sarebbero andati a finire? Erano abbastanza in gamba, abbastanza forti, abbastanza intelligenti? Erano abbastanza tosti, abbastanza cattivi, credevano abbastanza in se stessi, e sarebbero rimasti uniti nel momento del bisogno, avrebbero detto la verità a prescindere dalle conseguenze?
(Keith Gessen | Tutti Gli Intellettuali Giovani E Tristi)

20120203

TALENTO NATURALE

E furono concordi nel dire che era come non andare da nessuna parte. Alcuni di noi, però, pur non andando da nessuna parte, ingannano se stessi, convincendosi invece che stanno andando da qualche parte: per ingannarsi a questo modo ci vuole una specie di talento naturale, e le obiezioni che si levano a questo riguardo sono rare, ma ciò nonostante insidiose.
Quella sera tra tutti e due giunsero perlomeno a una conclusione, ovvero che il mondo era un gran casino.
(Thomas Pynchon | V.)

LA COMUNIONE PIÙ ASSOLUTA

Il turismo è dunque soprannazionale, come la Chiesa cattolica, ed è forse la comunione più assoluta che conosciamo sulla terra. Poiché chiunque siano i suoi membri, americani, tedeschi, italiani, non importa, la Torre Eiffel, le Piramidi e il Campanile di Giotto suscitano in loro la medesima reazione. La loro Bibbia è scritta a chiare lettere e non ammette interpretazioni personali. I turisti hanno in comune gli stessi paesaggi, soffrono degli stessi incomodi; vivono secondo la stessa limpida scala temporale. Sono i figli della Strada.
(Thomas Pynchon | V.)

MENO UMANI

"La decadenza implica una caduta, un allontanamento. Noi invece avanziamo."
"La decadenza" lo interruppe Itague "è un allontanarsi da ciò che è umano, e più ci allontaniamo, meno umani diventiamo. Poiché siamo meno umani, attribuiamo erroneamente l'umanità che abbiamo perso agli oggetti inanimati e alle teorie astratte."
(Thomas Pynchon | V.)

PERA

Profane se ne rimase lì, a forma di pera, le borse sotto gli occhi, disperato.
(Thomas Pynchon | V.)

C'È SEMPRE TEMPO

Rachel si spostò per fargli posto nel letto, colta da qualche inevitabile ripensamento. "È meglio non parlare di amore" disse rivolta al muro. "È sempre pericoloso. Bisogna ingannarsi un po' a vicenda, Profane. Perché non dormiamo, adesso?"
No, non poteva lasciar perdere. "Voglio solo avvertirti, ecco tutto. Io non amo niente e nessuno, neppure te. E se per caso ti dico che ti amo – e lo farò di sicuro – sarà solo una bugia. Perfino quello che sto dicendo adesso è una mezza commedia per avere la tua compassione." [...]
"Non se ne può riparlare più tardi?" chiese lei debolmente. " C'è sempre tempo per le lacrime, per le crisi d'amore. Non adesso, caro. Cerca solo di dormire."
(Thomas Pynchon | V.)

IN UN MODO DIVERSO

Avevamo persino paura di voltarci a guardare le nostre ombre, temendo di vederle muoversi in un modo diverso dal nostro, che si infilassero in un condotto o in una delle fenditure della terra.
(Thomas Pynchon | V.)

PICCOLI INCIDENTI

Perdere la fede è una faccenda complicata che richiede tempo. Non ci sono 'epifanie' o momenti della verità. Richiede troppa ponderazione, troppa concentrazione nelle fasi successive, le quali a loro volta arrivano attraverso un accumularsi di piccoli incidenti: i casi di ingiustizia generale, le sventure che colpiscono le persone pie, le preghiere rimaste inascoltate.
(Thomas Pynchon | V.)

L'ENNESIMO GRANDE INCIDENTE

I loro figli sembrano arrivare per caso, una configurazione casuale di eventi. Le madri serrano le file e perpetuano un mistero immaginario sulla maternità. È solo un modo di compensare la loro incapacità di vivere sopportando il peso della verità. La verità è che non capiscono quello che succede dentro di loro; si tratta di un corpo alieno che cerse meccanicamente dentro di loro, il quale a un certo punto acquista un'anima. Sono invasate. Oppure: le stesse forze che regolano la traettoria della bomba, la morte delle stelle, il vento e la tromba marina si sono concentrate da qualche parte dentro la zona pelvica senza il loro assenso, generando l'ennesimo grande incidente. Questa cosa le spaventa a morte. Spaventerebbe chiunque.
(Thomas Pynchon | V.)

SPAZIO APERTO

È come se avessimo trovato tutti quanti un rifugio e un lavoro in un Purgatorio senza tempo. Forse questo è dovuto solo al fatto di vivere su un'isola. Con un altro tipo di nervi, probabilmente si riuscirebbe ad avere una dimensione, un raggio vettore che punta deciso verso il lembo estremo di una qualche terra, di una penisola. Ma qui, senza uno spazio aperto dove andare che non sia il mare, si riesce a vedere solo la freccia e la barba che misurano la direzione della nostra arroganza, secondo cui ci si può spostare anche nel tempo.
(Thomas Pynchon | V.)

COLPA NOSTRA

Sfortunatamente, bastano una scrivania e il necessario per scrivere per trasformare una stanza qualsiasi in un confessionale. Questo forse non ha nulla a che vedere con le nostre azioni e con i nostri mutevoli umori. Può darsi che la forma della stanza – un cubo – non abbia di per sé alcun potere di persuasione. La stanza si limita a 'essere'. Occuparla, voler trovarsi una metafora per la memoria, è colpa nostra.
(Thomas Pynchon | V.)

LA NOIA DELLA VITA MILITARE

Di solito, quando si uccideva qualcuno, l'unica cosa che si provava era un senso di fastidio, lo stesso fastidio che può essere causato da un insetto che c'è ronzato attorno per troppo tempo. Bisogna distruggerlo, e lo sforzo fisico che richiede un atto simile, la sua banalità, la consapevolezza che è solo un'unità in una serie apparentememnte infinita, che ucciderne uno non basterà, non ci esimerà dal doverne uccidere altri domani, e poi dopodomani, e così via... la futilità di quell'atto è talmente irritante che si finisce col portare in ogni nostra altra azione un po' di quella crudeltà provocata dalla noia della vita militare, la quale, come tutti i soldati di cavalleria ben sanno, è davvero micidiale.
(Thomas Pynchon | V.)

QUALCHE SOVERCHIA ILLUSIONE

"Mi sembra" riuscì infine a dire, strascicando le parole "che lei si stia facendo qualche soverchia illusione sugli impiegati statali. La storia, come dice il proverbio, si fa di notte. Gli impiegati statali europei la notte di solito dormono. Per loro la storia è quello che li aspetta al mattino alle nove, nella posta da smaltire. Non si oppongono alla storia, ma cercano di coesistere con lei [...]"
(Thomas Pynchon | V.)

L'UNICO MOTIVO

Nel viale centrale della sua mente, l'essere ricchi e il poter scopare andavano a braccetto. Fosse stato uno che si divertiva a elaborare delle teorie storiche, avrebbe potuto concludere che alla base di tutti gli eventi politici – guerre, governi, rivolte – c'è il desiderio di scopare; poiché la storia si dipana secondo le forze economiche e l'unico motivo per cui si vuole diventare ricchi è quello di poter scopare regolarmente, con chiunque si desideri. [...] chiunque lavorava per guadagnare soldi inanimati, per poi potersi comprare oggetti anch'essi inanimati, doveva essere fuori di testa. I soldi inanimati servivano a procurarsi calore animato: le unghie morte che affondavano nelle scapole vive, i gemiti di piacere contro il cuscino, i capelli arruffati, le palpebre socchiuse, le reni che si contorcevano...
Solo a pensarci era riuscito a farsi venire un'erezione.
(Thomas Pynchon | V.)

CONVENTICOLA

I caffè italiani (bisognava ammetterlo) andavano bene per il pomeriggio, quando la città oziava in contemplazione dei suoi tesori d'arte. Però le ore dopo il tramonto richiedevano una festosità, una chiassosità che i caffè italiani con la loro atmosfera placida – forse persino un po' da conventicola – non non fornivano.
(Thomas Pynchon | V.)

TUTTA LA LUCE

Cercò di comunicarglielo con lo sguardo, ma chi poteva dire che cosa avvenisse in quegli occhi? Sembravano assorbire tutta la luce della strada [...].
(Thomas Pynchon | V.)

TANTE BELLE CASELLINE

Anche Profane era entrato in questo schema mentale che [...] gli imponeva uno strano calendario, un calendario che non era affatto diviso in tante belle caselline, ma era piuttosto una specie di mosaico, fatto di superfici stradali inclinate che cambiavano posizione secondo della luce del sole, la luce dei lampioni, la luce della luna, la luce delle stelle...
(Thomas Pynchon | V.)

UNICA FUNZIONE

Lavorare nei cantieri stradali non era certo servito a migliorare il suo aspetto esteriore, e neppure quello interiore, del resto. Anche se la strada aveva reclamato una grossa fetta della sua vita, lui e la strada erano rimasti due perfetti estranei sotto ogni punto di vista. [...] non aveva neppure imparato a guidare la macchina. Andava a piedi. A volte aveva l'impressione di camminare lungo scansie di un gigantesco supermercato tutto illuminato, e che la sua unica funzione lì dentro fosse quella di volere e basta.
(Thomas Pynchon | V.)