20080130

IL TRANSITO DI VENERE

Tali parole, o altre al pari bizzarre, stanno correndo per tutto il Mondo in tutta quella giornata del cinque e sei di Giugno; in Latino, in Cinese, in Polacco, in Silenzio... sopra Tetti di case e picchi di Montagne, fuor di finestre di Camere da Letto, vicinissimi nella luce cruda mentre la Moglie bada ai colpi dell'Oriuolo - servendosi di Gregoriani e Newtoniani, acromatici e spettrali, Riflettori nuovi di zecca fabbricati per l'occasone, e antichi Refrattori di assurde lunghezze focali Francesi - gli Osservatori adagiati, seduti, in ginocchio - testimoni di qualcosa che è nel Cielo. In questi Grugni astanti per tutta la vastità della Terra, l'attimo del contatto iniziale provoca uno spasimo cerebrale collettivo, come alla vista d'un bene perduto e già irrevocabile - dopo gli Anni della preparazione, un viaggiar lungo e come minimo da mal di mare, la Stazione raggiunta, la Latitudine e la Longitudine ben fissate - la Settimana del transito - il Giorno - l'ora - il Minuto - e alla fine ecco: "Che? Dove mi trovo?"
(Thomas Pynchon | Mason & Dixon)

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